Posts Tagged ‘spaghetti western’

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

agosto 4, 2023

Italia 1970
con Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Gianni Santuccio, Orazio Orlando, Sergio Tramonti, Filippo De Gara, Arturo Dominici, Vittorio Duse, Vincenzo Falanga, Aldo Rendine, Massimo Foschi, Aleka Paizi, Salvo Randone, Ugo Adinolfi, Gino Usai, Giuseppe Terranova, Pino Patti, Giacomo Bellini, Roberto Bonanni, Guido Buzzelli, Fulvio Grimaldi, Giuseppe Licastro, Franco Marletta
regia di Elio Petri


Indagine su un cittadino aldisopradi ogni sospetto


Nel giorno in cui viene promosso a capo della sezione politica della questura, un dirigente di polizia uccide la propria amante a cui lo legava un rapporto morboso. L’uomo lascia volutamente molti indizi sul luogo del delitto certo che la sua posizione lo protegga da ogni incriminazione. In un delirante crescendo di depistaggi e aggiunta di nuove prove, con la certezza di essere stato riconosciuto dal vicino, a sua volta amante della vittima e attenzionato come anarchico, arriva finalmente il giorno in cui i suoi superiori non possono più nascondere l’evidenza: faranno di tutto per coprirlo come immaginato dal colpevole?



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Capolavoro di Elio Petri, il film ha un ruolo importante non solo nella storia cinematografica italiana ma anche nel contesto storico italiano: la pellicola uscì pochi mesi dopo la strage di Piazza Fontana che aveva innescato la strategia della tensione e l’inizio degli anni di piombo, il delicatissimo momento storico permise l’uscita dell’opera senza che incappasse nelle maglie della censura o che venisse sequestrata come richiesto da alcuni esponenti della Questura di Milano; il dibattito politico scatenato attorno al film lo rese campione d’incassi di quell’anno ma per il suo insindacabile valore artistico, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto ottenne anche numerosi riconoscimenti, sia in Italia che all’estero, tra cui la statuetta per il miglior film straniero agli Oscar del 1971 e il Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes 1970.



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Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto si segnala per l’interpretazione superlativa di Volonté, la musica come sempre geniale di Morricone e la commistione di stili utilizzata dal regista: un giallo che gioca con il grottesco e l’onirico e anche nelle scelte stilistiche utilizza topos ben noti al pubblico del periodo la sola scena inziale presenta dettagli che rimandano ai generi più in voga negli anni ’60: dettagli degni di uno spaghetti western, la spogliazione della vittima già col rigor mortis e un pallore esagerato che richiamano la stagione gotica e anticipano Dario Argento che avrebbe fatto delle ville liberty le ambientazioni dei suoi più grandi successi. Anche l’appartamento di Augusta Terzi presenta degli interni liberty meravigliosi che vengono definiti dannunziani per indicare lo stile di vita disinibito e bohémien della donna, un’annoiata divorziata attratta dal potere che esercita il protagonista di cui non viene mai fatto il nome, Augusta esalta perversamente il lato oscuro dell’amante che spinge ad infrangere le leggi che deve tutelare e con cui si diverte a ricostruire morbosamente i casi di omicidi risolti dal poliziotto
Contrapposto all’appartamento dannunziano di Augusto c’è l’appartamento del dirigente: moderno, di design, razionale come apparentemente è l’investigatore, è una casa vuota poco abitata dato che gran parte del suo tempo il protagonista lo passa in questura, un ambiente di stile brutalista di nome e di fatto dove il potere esercita le sue angherie nel modo più feroce, anche solo nella scala gerarchica, basti pensare al diverso atteggiamento verso il sottoposto Panunzio e all’ossequiosità verso il Prefetto.

C’era una volta a… Hollywood

ottobre 15, 2019

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Mentre la stella di Roman Polanski e Sharon Tate è in ascesa, il loro vicino di casa, la star della tv Rick Dalton, capisce che il suo declino è ormai inesorabile visto che iniziano a proporgli di trasferirsi in Italia per girare gli spaghetti western, l’unica spalla su cui piangere (letteralmente) è quella del suo “double” lo stuntman che lo sostituisce nelle scene rocambolesche, Cliff Booth, uomo dal passato complicato, amico e factotum di Rick. Cliff nota una giovanissima hippy e la accompagna allo Spahn Movie Ranch dove la famiglia Manson vive alle spalle dell’ottantenne e ormai cieco George Spahn che Cliff conosce dai tempi della serie tv che ha reso famoso Rick Dalton, Bounty Law. Rick, con Cliff al seguito, si rassegna a girare i film italiani e torna a Hollywood agli inizi dell’agosto 1969, la notte in cui Charles Manson inviò i suoi adepti a compiere la strage a Cielo Drive…

Tarantino continua il suo modello di revisione storiografico iniziato con Bastardi senza gloria, film a cui si allaccia strettamente perché parlando dei suoi trascorsi cinematografici con l’agente Marvin Schwarzs il primo estratto filmico mostrato è quello del lanciafiamme (anticipando il finale) con cui Dalton arrostisce i nazisti, stesso finale riservato a Hitler da Soshanna in Bastardi senza gloria.
Alcune critiche mosse al film stanno proprio nel fatto che Tarantino reiteri questo modello già visto di stravolgimento della realtà storica, per me invece è uno dei punti di forza degli ultimi lavori tarantiniani, una riflessione sulla violenza affidandole un valore catartico e liberatorio che però non ne incita l’uso anche perché, ancora una volta come in Django unchained, i cattivi fanno la figura dei ridicoli coglioni sia nella scena della ruota bucata allo Spahn Ranch che nella fuga di una dei quattro hippy mandati in missione assassina.



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Avendo poi capito nel corso degli anni che personalmente non amo i biopic proprio perché non sono mai fedeli alla realtà che in teoria dovrebbero raccontare, trovo molto più intelligente e originale Tarantino che racconta un’altra storia rendendola ancora più commovente proprio perché lo spettatore sa che è così che sarebbe dovuta andare e invece il fato è stato crudelissimo, in particolare con la bella Sharon per cui il regista e Margot Robbie mostrano una tenerezza infinita nel portarla in scena, soprattutto nella sequenza in cui si va a vedere al cinema.
Tornato nella Hollywood della sua infanzia, Tarantino esibisce ancora una volta la sua conoscenza enciclopedica del cinema, ogni film è un tributo a un diverso regista italiano, stavolta Sergio Corbucci ma viene citato anche Margheriti tra i registi che si servono di Rick Dalton nella sua trasferta romana.
C'erauna voltaa HollywoodL’autore cita molto anche sé stesso, cosa che mi fa temere che questo nono film possa essere davvero tra gli ultimi del regista, in particolare tornano i protagonisti di Grindhouse – A prova di morte, questa volta però Kurt Russell e Zoe Bell non sono più rivali ma sposati, Randy è succube della moglie che non sopporta Cliff Booth perché un probabile uxoricida e soprattutto ha messo al tappeto Bruce Lee mentre aspettavano di girare una scena de Il Calabrone verde.
La cultura enciclopedica di Tarantino non si limita solo ai film ma si espande anche alle serie tv e se proprio vogliamo vedere un omaggio del regista al proprio ego forse questo è l’ambito: in un momento in cui le serie tv hanno più successo dei film, Tarantino sembra volerci ricordare che il fatto non è una novità e forse c’è una critica implicita al prodotto se gli affiliati di Manson si imbesuiscono facendo binge watching antelitteram davanti al televisore, però ricordiamoci che Tarantino fu anche uno dei primi registi a girare un episodio per una serie tv – CSI – quando la commistione tra cinema e televisione non era ancora così usuale come oggi.

Il giorno della civetta

luglio 23, 2017

IlgiornodellacivettaItalia 1968
con Franco Nero, Claudia Cardinale, Lee J. Cobb, Serge Reggiani
regia di Damiano Damiani

Il giorno in cui viene ucciso l’imprenditore edile Salvatore Colasberna, scompare nel nulla anche il marito di Rosa Nicolosi che dopo qualche giorno va a fare la denuncia di scomparsa presso i carabinieri. La casa dei Nicolosi è vicina al luogo dell’agguato e per il capitano Bellodi non è difficile intuire che Nicolosi è stato ucciso perché ha assistito all’omicidio, oltretutto iniziano a girare brutte voci sulla reputazione di Rosa per giustificare la scomparsa del marito come vittima o assassino di uno degli amanti della moglie. Bellodi riuscirà a far incarcerare l’esecutore del delitto e i mandanti che presto torneranno in libertà mentre il capitano verrà trasferito.

Dall’omonimo romanzo di Sciascia uno dei primi film di denuncia, asciutto e amaro come gli spaghetti western da cui arrivano il regista e i protagonisti, Franco Nero e Claudia Cardinale.
Una bella tensione che regge ancora dopo tutti questi anni ed esplode nella delusione del ritrovamento del corpo di Parrinieddu, il confidente della polizia al posto di quello di Nicolosi: il caso non è risolto ma definitivamente insabbiato dalla connivenza tra mafia e potere, paradossalmente a sentire la mancanza dell’avversario degno di rispetto sarà solo Don Mariano Arena che ha sempre ritenuto Bellodi un uomo nella famosa distinzione tra uomini, mezzi uomini, ominicchi, ruffiani e quaquarqua.


Ilgiornodellacivetta


Un intrigo che si svolge sotto gli occhi di tutti e il “campo di battaglia” tra i due schieramenti opposti e la piazza che divide la caserma e il terrazzo della casa di Don Mariano, una disposizione che sembra riprendere in chiave ben più drammatica la divisione tra chiesa e sede PCI dei film della serie di Don Camillo, mentre il passaggio delle riprese attraverso il binocolo segna il definitivo passaggio di potere:prima era Bellodi che osservava Don Mariano e i suoi, nel finale sono i malavitosi che osservano il nuovo capitano rendendosi conto che è innocuo.
Ottimamente interpretato, il film è anche magistralmente diretto da Damiani, che passa dall’agguato iniziale in puro stile western a notevoli composizioni di profondità di campo, dentro la casa di Rosa o dentro il commissariato, quando Bellodi decide la falsa scarcerazione di Zecchinetta.

Le colline blu

luglio 12, 2017

LecollinebluRide in the Whirlwind
USA 1966
con Jack Nicholson, Millie Perkins, Cameron Mitchell, Harry Dean Stanton, Rupert Crosse
regia di Monte Hellman

Mentre sono diretti a Waco, tre cowboy accettano l’ospitalità di cinque individui che si spacciano per cacciatori di conigli. Pur avendo capito che si tratta di banditi, i mandriani si fermano a dormire nei pressi della loro baita. La mattina dopo lo sceriffo e i suoi vigilantes attaccano i fuorilegge e i cowboy sono costretti a fuggire per non finire impiccati. Uno muore nel tentativo di fuga mentre gli altri due si nascondono in un ranch isolato già perlustrato dai vigilantes, ma uno di questi fa ritorno perché invaghito della figlia del fattore e scopre che i ricercati si sono rifugiati in casa. I cowboy tentano la fuga ma uno viene ferito e si sacrifica per permettere al compagno di sfuggire all’inseguimento.

Girato in contemporanea con La sparatoria, da Monte Hellman, regista uscito dalla factory di Roger Corman, Le colline blu è stato scritto da Jack Nicholson, che interpreta Wes, il più giovane dei tre cowboy e l’unico che sfugge alla morte.
I due film di Hellman appartengono al filone di riscrittura del genere western, il 1966 è anche l’anno del primo grande successo degli spaghetti western con Il buono, il brutto, il cattivo. Il lavoro di Hellman fu invece un flop con grosse difficoltà distributive e rivalutato solo in seguito dalla critica.
Un racconto disincantato dove non esiste innocenza e neppure colpa ma solo l’accanimento del destino: se Wes, Otis e Vern se ne fossero andati un poco prima o se avessero rifiutato l’ospitalità dei lochi individui non sarebbe successo nulla.. forse perché il destino ineluttabile si anticipa nell’incontro con l’impiccato appena prima di incappare nella baracca dei fuorilegge.



Lecollineblu1966


Se, come ne La sparatoria, il tema è sempre quello della caccia e dell’inseguimento, Le colline blu presenta una specularità tra le due parti: l’incontro con una casa dove trovare ospitalità viene ripresentata quasi con le stesse inquadrature ma con significati diversi: all’inizio del film si rivela una trappola occupata da banditi, la seconda volta è un vero rifugio abitata da una famiglia. Nel primo caso i viandanti accettano con superficialità l’accoglienza che gli si ritorce contro, nel secondo sono costretti a pretendere un rifugio per sfuggire alla morte. Differenze apparentemente minime che si rivelano pericolosissime e costano la vita a due dei tre protagonisti calati in un mondo dove un semplice capriccio del destino decide le sorti dell’uomo; così anche Wes, che sogna di avere una piccola fattoria dove fermarsi, non trova nessuna comprensione in Abigail a cui confida i suoi desideri e l’impossibilità di contatto umano è sottolineata anche dalla composizione della ripresa, con i tronchi della stalla che dividono inesorabilmente i due.



RideInTheWhirlwind


Film minimalista con dialoghi ridotti all’osso, dove l’asperità del paesaggio rappresenta la difficoltà di vivere in un mondo così selvaggio rappresentato in maniera cruda, senza nessuna concessione alla retorica del western classico o alla mitologia dello spaghetti western.

Auguri a Clint Eastwood

Maggio 31, 2015

Nato il 31 maggio 1930 a San Francisco, Clint Eastwood esordisce nei b-movie horror degli anni ‘50, ma e’ in Italia che trova il successo, alla corte di Sergio Leone che fa di questo attore con due sole espressioni, col sigaro e senza, il feticcio dei suoi film che inventarono un nuovo genere, lo spaghetti western.

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Eastwood incontra poi Don Siegel che lo trasforma in Dirty Harry, uno dei poliziotti piu’ cattivi della storia del cinema che da vita alla fortunata serie de L’ispettore Callaghan, cinque film in 17 anni e il penultimo, Coraggio… fatti ammazzare (Sudden Impact) del 1983 è diretto dallo stesso Eastwood.

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Nel 1971 Clint Eastwood fonda la sua casa di produzione, la Malapaso e si cimenta con la macchina da presa girando Brivido nella notte, e’ l’inizio di una nuova carriera mantenutasi sempre su buoni livelli, che e’ arrivata anche a vette altissime.
Eastwood diventa il cantore dell’America suburbana e provinciale, narrando storie marginali che sanno pero’ ben rappresentare i malesseri piu’ profondi della nostra societa’ come dimostrano gli ultimi grandi lavori MYstic River e Million Dollar Baby definitive conferme dell’immensa statura morale del regista.
Personalmente della filmografia eastmaniana porto nel cuore tre titoli tra tutti: Un Mondo Perfetto, I Ponti di Madison County e Million Dollar Baby, certa che il grande Clint sapra’ darci ancora grandissime emozioni e spunti di riflessione.

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31.05.2015

Grantorino

Al giro di boa degli 85 anni di Clint Eastwood dopo posso confermare la facile intuizione che il regista sia stato un pilastro della cinematografia dell’ultimo decennio tanto che spesso si è parlato di lui come moral guidance e il capolavoro Gran Torino del 2008 ne è il più fulgido esempio (va arricchire l’elenco dei miei film eastwoodiani preferiti) ma il grande Clint ha saputo anche far discutere affrontando la battaglia di Iwo Jima da due punti di vista diversi, quello americano in Flags of Our Fathers e quello giapponese in Letters from Iwo Jima, entrambi del 2006.
Si è dedicato ai biopic con intenzioni ed esiti molto differenti, dall’omaggio a Mandela d’Invictus – L’invincibile, all’analisi del controverso capo dell’FBI in J. Edgar, fino a Jersey Boy, ispirato ad un musical.
Ha affrontato un tema delicato come quello della morte in Hereafter (2010) e la sua ultima fatica (che non ho ancora visto) American Sniper ha acceso notevolmente gli animi.
Il vecchio pistolero sa sempre lasciare il segno.

Armando Crispino

ottobre 18, 2014

Bartolinimacchiesolari Oggi compirebbe 90 anni Armando Crispino, regista misconosciuto di cui ho recuperato i lavori cardine della sua filmografia nel corso di quest’anno, grazie al Torino Film Festival dello scorso anno che lo ha ricordato con il suo lavoro più celebre L’etrusco uccide ancora e ha presentato il volume di Claudio Bartolini, Macchie Solari, intitolato come l’altro celebre film del regista, passato recentemente in tv. Il testo è molto interessante non solo per approfondire la figura del regista analizzato ma anche per la puntuale analisi del cinema italiano di genere degli anni ’60 e ’70, mi colpito in particolar modo il fitto elenco di sottogeneri con cui i film vengono distinti dagli eurospy ai wip (women in prison).

Crispino Armando Crispino è nato a Biella il 18 ottobre 1924, è stato caporedattore della pagina culturale de L’Unità, sostituendo Raf Vallone passato all’attività di attore.
Anche per Crispino si aprono le porte della Settima Arte, prima come sceneggiatore poi come aiuto regista iniziando una proficua collaborazione soprattutto con Antonio Petrangeli.
Armando Crispino si distingue soprattutto per la serietà e spesso porta a termine lavori che portano la firma di altri registi.
Molti i progetti su carta del regista, ma film diretti da Crispino non sono neppure una decina, di cui gli ultimi due prodotti per la televisione.
Nonostante la scarsa produzione, Crispino sa lasciare un segno nella cinematografia di genere italiana, spaziando nei diversi generi dallo spaghetti western al genere bellico ma è soprattutto nel thriller che Armando Crispino da il meglio di se con due cult movie come L’etrusco uccide ancora e Macchie solari, per questo tra le molte opere non realizzate citate nel testo di Bartolini la massima curiosità va a Verrà un demone e avrà occhi d’argento (poi reintitolato Apparizioni) che doveva completare la trilogia del terrore.

La Badessa di Castro

ottobre 8, 2014

Labadessadicastro Italia 1974
con Barbara Bouchet, Pier Paolo Capponi, Evelyn Stewart, Luciana Turina
regia di Armando Crispino

Il vescovo di Castro, Francesco Cittadini cerca di sedurre l’altera Badessa di Castro che gli resiste in nome dell’amore che porta ancora per il defunto Giulio Branciforti, perito dieci anni prima cercando di farla fuggire, quando era educanda, dal convento che ora governa dopo che la ricca famiglia a cui appartiene, i Campireali, le ha comprato il titolo di Badessa per tacitare lo scandalo.
Dopo mille scaramucce nasce l’amore tra Francesco Cittadini ed Elena Campireali ma suor Margherita, infatuata del Vescovo e da sempre aversa a Elena per averle rubato il titolo di Badessa, racconta all’Inquisizione che la Superiora è rimasta incinta. La madre di Elena cerca in ogni modo di salvare la figlia dalle torture ma l’improvviso ritorno di Branciforti porta la Badessa a pugnalarsi per non esser stata fedele al suo primo amore.

Altro capitolo nella sperimentazione dei generi del B movie di Armando Crispino, che con l’eleganza della sua messa in scena costruisce un melò storico ben diverso dalle pellicole boccaccesche che imperavano nel cinema italiano degli anni’70.
La trama del film si ispira all’omonimo racconto di Stendhal, come recita anche la didascalia nei titoli di testa.
Colpisce la sequenza iniziale dove il vescovo Cittadini si avvicina a Castro attraversando lande devastate dalla miseria, una scena assolata che ha più il sapore degli spaghetti western quando narrano la disperazione dei peones messicani.
Si presume quindi che la badessa di Castro sia un personaggio crudele e rappresentante di quel clero esoso che Crispino stigmatizza nella pellicola, si scoprirà poi che la desolazione è dovuta a una gravissima siccità e allo stesso modo si scopre l’integrità morale di Elena Campireali che nel finale arriverà appunto a suicidarsi per esser venuta meno al suo primo amore, che pure le avevano fatto credere morto.

Bouchet La figura della Badessa è estremamente moderna: memore di esser stata monacata contro la propria volontà, perdona la novizia (un’irriconoscibile Mara Venier) che si è innamorata del suo confessore e prima di farli fuggire dal convento ormai nelle mire dell’Inquisizione li sposa, non ritenendo il ruolo di una Badessa inferiore a quella di un prelato maschio.
Altra sequenza interessante per la valenza di studio del folclore è l’arrivo del serparo con il girotondo delle suore attorno al falò dove vengono bruciate le serpi per scacciare il Maligno; anche i costumi sono molto fedeli all’epoca in cui è ambientata la vicenda , il XVI secolo.
Non mancano momenti di voyerismo che si limitano a qualche nudo integrale della Bouchet e a una scena forse oggi discutibile in cui la protagonista col il cilicio incrociato sui seni sanguinanti si appoggia a un’immagine religiosa. La sessualità mostrata da Crispino è intrisa di Eros e Thanatos, concetto del tutto assente dalle commedie goderecce italiane, e il regista la esaspera a tal punto da sovrapporre il volto di Elena con il teschio mummificato della Beata Gertrude nella cui cripta i due amanti si sono dati convegno.
Nell’insieme un film più che convincente anche se alcuni snodi appesantiscono un po’ la trama, giustificati forse dalla morte improvvisa del produttore Gino Mordini che mise in serio pericolo la realizzazione della pellicola.
Convinta di trovarmi davanti a un trashissimo film nunsploitation io sono rimasta piacevolmente spiazzata trovando atmosfere più simili a L’amaro Caso della Baronessa di Carini (dove si spogliava anche Janet Agren) e niente di più scandaloso di quanto passi nelle serie tv contemporanee come I Borgia o Il Trono di Spade.

Festival del Cinema Spagnolo edizione #7

Maggio 8, 2014

Locandina_festival_cinema_spagnolo_2014 La settima edizione del Festival del Cinema Spagnolo si inaugura stasera al Cinema Farnese Persol di Campo de’ Fiori di Roma con il due dei tre capolavori della retrospettiva Maestros a la carta.
Si inizia alle ore 17,00 con Mujeres al borde de un ataque de nervios (Donne sull’orlo di una crisi di nervi), di Pedro Almodóvar, che nel 1988 valse al grande regista la prima nomination al Premio Oscar e 5 Premi Goya tra cui Miglior Film, Miglior Attrice a Carmen Maura e Miglior Sceneggiatura.

Alle ore 19,00 è la volta di Tristana, perla di Luis Buñuel presentato a Cannes nel 1970, con Fernando Rey, Franco Nero e la Deneuve nel ruolo di una orfanella sedotta dal proprio Pigmalione. Il film, un compendio di ossessione erotica e gastronomica, resta tra i titoli più corrosivi e fondamentali del Maestro di Calanda.

Alle ore 21,00 si entra nel vivo della manifestazione con Vivir es fácil con los ojos cerrados (Vivere è facile ad occhi chiusi), di David Trueba, che sarà presente alla proiezione; la pellicola ha trionfato ai Premi Goya 2014 con 6 statuette, tra cui Miglior Film, Miglior regista, Miglior attore, Miglior colonna sonora a Pat Metheny.
Il film sarà distribuito in Italia da EXIT med!a dal prossimo 16 ottobre. E’ ambientato nella Spagna del 1966, precisamente in Almeria, storico luogo di riprese degli spaghetti western. Racconta la storia vera di un insegnante di inglese interpretato da Javier Cámara, (l’infermiere Benigno in Parla con lei) che attraversa la Spagna per incontrare John Lennon che in piena crisi esistenziale sta girando il film Come ho vinto la guerra di Richard Lester.
Il titolo del film è la traduzione di Living is easy with eyes closed…, uno dei versi della canzone Strawberry fields forever che Lennon stava componendo in quel periodo proprio in Almeria, famosa per essere la terra delle fragole.

Venerdì 9 maggio sarà ospite della manifestazione romana, il regista Jonás Trueba, figlio del Premio Oscar Fernando Trueba, che presenta, il suo film Los ilusos, omaggio al cinema con accenti da Nouvelle Vague; sarà presente alla proiezione anche l’attore italo spagnolo Francesco Carril (Pisa, 1986), uno dei nuovi volti della scena indipendente madrilena.

Sabato 10 maggio la regista Mar Coll presenterà il suo Tots volem el millor per a ella, la storia di una giovane donna che si risveglia dal coma, brillante dramma sulle facili apparenze.

La città di Barcellona è protagonista assoluta di Barcelona nit d’estiu, opera prima del regista venticinquenne Dani de la Orden, una commedia romantica a episodi, con varie storie d’amore, incorniciate da una notte d’estate, tra due calciatori gay; tra due giovani presto genitori, tra due vecchi amici, un tempo amanti, che si rivedono riscoprendo gli angoli più magici della città.

Lunedì 12 maggio Evento Speciale con il documentario Mòn petit di Marcel Barrena, road movie su un ragazzo di Barcellona che senza budget e su sedia a rotelle compie un viaggio fino in Nuova Zelanda.

Il listino EXIT med!a è arricchito inoltre da Todas las mujeres, di Mariano Barroso, Premio miglior sceneggiatura ai Goya 2014, film che ruota intorno a uno strepitoso Eduard Fernández che ricorre alle donne della sua vita per risolvere un problema che avrebbe una semplice soluzione: dire la verità. Una trama ricca d’ironia che è la rivelazione dell’anno.

Martedì 13 maggio alle ore 21,00 la kermesse si chiuderà con il terzo capolavoro della retrospettiva Maestros a la carta, El sur (Il sud), di Víctor Erice, presentato dall’attore protagonista, Omero Antonutti.
Uno dei migliori film spagnoli di tutti i tempi, anno 1983, ultima collaborazione tra il regista e il più grande produttore del cinema spagnolo, Elias Querejeta, recentemente scomparso. El sur narra la relazione tra una figlia e suo padre, medico rabdomante (un indimenticabile Omero Antonutti), che ha lasciato il sud per vivere nel nord della Spagna. Pieno di momenti cult, come la scena del pasodoble dopo il pranzo a base di zuppa di pesce

Dopo la tappa romana il festival si sposterà a Milano dal 16 al 18 maggio e a Firenze 6 all’8 giugno.
Assoluta novità di questa edizione è la collaborazione con la RAI, attraverso il canale Rai Movie, che dall’8 al 18 maggio presenterà sul canale 24 del digitale terrestre Notti Spagnole, un palinsesto concepito sulla falsa riga del festival.
L’espansione trans mediale non si arresta qui: il festival inaugura la sezione Cortos en-Línea, che presenterà esclusivamente on-line (sulla piattaforma VOD di RAI.TV) alcuni tra i migliori corti d’animazione del cinema spagnolo e latinoamericano.

La manifestazione è sostenuta dall’Ambasciata di Spagna in Italia, dall’ICAA del Ministero di Cultura di Spagna (Madrid), dall’AC/E, dall’Instituto Cervantes Italia, dall’Ufficio del Turismo Spagnolo in Italia, dalla Reale Accademia di Spagna a Roma e dall’Institut Ramon Llull, oltre a partner privati come NH Hotels, Freixenet, San Miguel, Rolfi e Fundación Autor.

Tutte le proiezioni del Festival del Cinema Spagnolo sono in versione originale con sottotitoli in italiano.

Il programma dettagliato delle tre manifestazioni è sul sito www.cinemaspagna.org.

Ufficio stampa
REGGI&SPIZZICHINO Communication
info@reggiespizzichino.com

Rango

marzo 21, 2011

Rango Un camaleonte con la passione per il cinema vola fuori dal suo terrario durante un trasloco. La bestiola si ritrova spersa nel deserto del Nevada e finisce nella citta’ di Dirt dove grazie alla sua immaginifica fantasia il camaleonte si crea un’identita’ fittizia: e’ Rango, una leggenda del selvaggio West. Rango viene acclamato sceriffo, ma riuscira’ a sventare la crisi idrica che incombe sulla citta’?

La trama non e’ il punto forte del debutto nel cartoon di Gore Verbinski, per certi versi ricorda un po’ Cars ma l’idea del camaleonte non e’ male. Allevato in cattivita’ Rango ha una vita virtuale ma non ha l’occasione di esercitare il proprio mimetismo naturale e in tutta la pellicola lo vedremo cambiare colore solo una volta in una situazione d’emergenza e con esiti improbabili. Arrivato a Dirt (tradotta malamente in italiano in Polvere) il camaleonte ha l’occasione di mimetizzarsi con gli abitanti del posto e quindi si finge un duro del selvaggio West. Insomma la scelta di avere per protagonista un camaleonte in una storia incentrata sulla finzione la trovo molto sottile.
Se il successo del cartone animato contemporaneo si deve al citazionismo cinefilo, in Rango non si teme di spingere la citazione fino in fondo arrivando anche a una visione di Clint Eastwood con poncho spaghetti western dove il mitico straniero senza nome incarna lo spirito del West. West inteso come metafora di vita a contatto con la natura, esistenza dura che rispetta i ritmi di una natura aspra, ben lontana dalle facilitazioni del progresso: dall’altro lato dell’autosrtada sorge Las Vegas, rappresentazione per eccellenza di spreco e indifferenza ai ritmi naturali, quindi anche la morale ecologista non e’ banale e posticcia.
La pellicola sposa bene le due opposte concezioni del deserto (la vita dura e la dimensione psichedelica) ponendo i due estremi sui due lati dell’autostrada con incitazioni a passare spesso dall’altra parte, e nel film non si teme di passare dalla dimensione western a quella piu’ surreale sempre con una forte vena di humor nero.
La vera forza del film pero’ sta nella sgradevolezza dei personaggi: la Pixar ha reso carino anche un ratto di fogna rendendolo compatibile con la linda cucina di un ristorante, Verbinski non indulge troppo neppure verso il suo sgraziato protagonista con quel collo stortignaccolo. Il riferimento potrebbe essere Tim Burton, visto che Borlotta, la lucertola di cui Rango si innamora ricorda vagamente La sposa cadavere. I personaggi secondari sono davvero stupefacenti per l’estro della rappresentazione in particolare la banda di talpoidi orridi e dementi per i continui incesti, chiaro omaggio alle turpi famiglie dei film horror di Tobe Hooper e Rob Zombie.

Lo scenografo monferrino nel paese dei pistoleros

gennaio 30, 2006

CimiterobuonobruttocattivoCarlo Leva e’ una gloria cittadina e un maestro del cinema italiano che ha firmato le scenografie di film come Il gatto a nove code, Tre passi nel delirio ma soprattutto e’ stato grande amico di Sergio Leone con il quale ha collaborato nella Trilogia del dollaro e in C’era una volta il west: il  capolavoro inventivo di Leva  e’ sicuramente il cimitero circolare, con oltre 250 tombe ricostruite  (e uno scheletro vero, ma questa e’ un’altra storia) ne Il buono il brutto e il cattivo che va in onda stasera su Rete4 alle ore 21.
La mostra che Asti dedica al maestro scenografo e’ stata curata dall’appassionato cinefilo Armando Brignolo e si concentra sui bozzetti creati per i film di Leone gettando uno sguardo interessante sul lavoro del grande maestro dei western all’italiana e dei suoi collaboratori.
In particolare stride l’appellativo di spaghetti western nato con una connotazione dispregiativa e il certosino lavoro di ricostruzione storica compiuto da Leva nel realizzare le scenografie della vita di frontiera, in un’epoca in cui la fedelta’ storica non era cosi’ fondamentale come nella cinematogafia odierna: le scene di costruzione della ferrovia di C’era una volta il West nascono dallo studio di foto dell’epoca e il refuso che compare su alcune divise operaie non e’ una distrazione  ma la fedele riproduzione di un linguaggio sgrammaticato.
La rielaborazione italiana del mito del West e’ in realta’ piu’ fedele alla storia che alla leggenda esaltata dalla cinematografia americana.

«Lo scenografo monferrino nel paese dei pistoleros» 
Asti, Casa Buneo (piazza Cattedrale 12)
Fino al 2 febbraio (martedì 18,30-19,30; da mercoledì a domenica, 17,30-19,30).