Archive for novembre 2007

60 anni senza Lubitsch

novembre 30, 2007

Ernstlubitsch Ho ben presente il momento in cui e’ nata la mia passione per Lubitsch, guardando Partita a quattro sono rimasta folgorata dalle scene nell’appartamento bohemienne di Gary Cooper e Frederic March: tutte le volte che qualcuno si siede sul vecchio divano, si solleva un vistoso nugolo di polvere.
Ovviamente di tutti i grandi del cinema si sente la mancanza ma per me il vuoto lasciato da Lubitsch e la sua scuola e’ incolmabile: in anni in cui la commedia e’ drammaticamente in declino affidata solamente a battutacce e doppi sensi, come non rimpiangere l’elegante allusivita’ delle commedie lubitschiane, che mettevano in scena storie che farebbero raddrizzare i capelli ai teocon del family day: l’allegro menage a tre di Partita a quattro o la noncuranza con cui Miriam Hopkins accetta che il compagno seduca la bella ereditiera in Mancia competente e il diavolo che rifiuta l’ingresso all’inferno a Henry Van Cleve, ritenendo troppo lieve la colpa di non essere stato altro che un impenitente don giovanni ne Il cielo puo’ attendere.
In questi anni di assurdi integralismi ci vorrebbe qualcuno che osasse mostrare una nuova irreprensibile Ninotchka che ceda con leggerezza alle lusinghe dell’amore o qualcuno che pur rifugiatosi in America non evitasse di bacchettarla bonariamente (il celeberrimo cartello de L’ottava moglie di Barbablu’ “si parla inglese e francese, si capisce l’americano”) senza essere tacciato di antiamericanismo.
Come non ricordare che assieme a Chaplin, Ernst Lubitsch e’ stato l’unico a mettere alla berlina Hitler negli anni in cui il Fuhrer era nel pieno della gloria in Vogliamo vivere! e tante altre cose andrebbero ribadite del suo genio, ma l’importante e’ che ci sia rimasta la magica leggerezza delle sue pellicole.

Tideland

novembre 27, 2007

Jeliza-Rose ha dieci anni ed e’ figlia di due tossici a cui e’ abituata a preparare regolarmente le dosi; quando muore la madre, la piccola si trasferisce col il padre nella vecchia casa della nonna scomparsa, in una sperduta zona del Texas. La tendenza a fantasticare di Jeliza-Rose diventa l’unico modo per sopravvivere quando anche il padre muore per overdose.

Tideland

Chiaramente ispirato ad Alice nel paese delle meraviglie, un dipinto acido, tenero e a tratti orrorifico dell’immaginario infantile. Non e’ tutto da buttare in quest’opera controversa che ha nell’evoluzione della trama il punto piu’ debole: se la prima parte e’ la migliore, il rapporto tra Dickens e Jeliza-Rose non riesce ad evolvere e porta direttamente ad un finale decisamente banale.
Di buono resta la magnifica luce della prateria texana, la cui assolata solitudine trasforma l’azzurro del cielo e il giallo dell’erba in una tela che stimola ulteriormente la fantasia della piccola protagonista e soprattutto resta l’occhio di Gillian, capace di restituire tutta l’ingenuita’ del mondo infantile, anche nei suoi aspetti piu’ disturbanti, benche’ in alcuni momenti abbia avvertito un certo compiacimento da parte del regista nel giocare con questa abilita’.

Un’altra giovinezza

novembre 26, 2007

Unaltragiovinezza Dominic Matei e’ un vecchio studioso di storia del linguaggio umano, che si ritiene un fallito perche’ sa che non riuscira’ ad ultimare il libro sulla nascita e lo sviluppo del linguaggio a cui ha dedicato tutta la sua esistenza. Il giorno di Pasqua del 1938 , giorno in cui ha deciso di suicidarsi, Dominic viene colpito da un fulmine che invece di ucciderlo, inspiegabilmente lo ringiovanisce di 40 anni, offrendogli l’occasione di portare a termine la missione della sua vita..

Sorretta da una strepitosa interpretazione di Tim Roth, una storia magmatica ed allusiva, come forse oggi non sono piu’ di moda che pero’ riesce a non lasciare mai indifferente lo spettatore, nel bene o nel male e da queste parti il bene e’ stato massimo: mi potrei perdere in quel magnifico delirio sul dopo che sconfina nel massimo livello delle schiere angeliche, tacero’ anche della bellezza dei titoli di testa dove il motivo del teschio che affiora sotto il volto mi ha ricordato il mio racconto preferito tra le Sette storie gotiche di Isak Dinesen (Karen Blixen).
Vedendo il taglio che che Coppola da alla vicenda, mi chiedo se quest’opera non sia l’occasione del regista per cimentarsi con il linguaggio, se non delle origini del cinema (per quanto, quella cinepresa praticamente fissa..) per lo meno con quello del suo periodo di massimo splendore, gli anni 30/40: tra le caratteristiche piu’ evidenti, l’uso fortemente espressionista delle ombre e Dominic potrebbe tranquillamente andare ad arricchire la schiera di personaggi in cui il fantastico va a sottolineare la follia nel sacrificare qualsiasi cosa sull’altare della propria ossessione che sono i mostri degli horror anni ‘30 della Universal .

La leggenda di Beowulf ***in 3D***

novembre 21, 2007

Il 3D secondo Zemeckis e’ davvero un’esperienza esaltante e i primi dieci minuti del film sono per l’esclusivo piacere di chi ha avuto la fortuna di indossare i fantastici occhiali: non vorrei sembrare esagerata ma dopo aver spostato la testa per evitare un vassoio (e piu’ tardi le frecce) sentirmi imbarazzata per lo sguardo torvo di un danese beone con cui mi sono ritrovata faccia a faccia ed essere arrivata al punto di allungare un dito per toccare l’acqua che sciabordava a un centimetro dal mio naso.. beh dopo tutto questo capisco meglio quel che provo’ il pubblico terrorizzato dall’arrivo dl treno in quella famosa proiezione del dicembre 1885 .
Se il regista si fosse limitato a imbastire una storiellina buffa di un ora e mezza per mostrarci le meraviglie di questa tecnica, mi sarei divertita lo stesso, ma alla perizia tecnologica, Zemeckis aggiunge una storia rivolta espressamente a un pubblico adulto, dai toni cupi che propone una rilettura molto attuale della saga di Beowulf, prima opera in lingua anglosassone giunta fino a noi.
Mi e’ piaciuta molto l’atmofera da crepuscolo degli dei: i gloriosi danesi sono un popolo dominato da bassi istinti e Beowulf e’ piu’ un fanfarone vanaglorioso, che un vero eroe; Grendel e’ solo un ibrido sfortunato soggetto a furiose emicranie, e il suo dialogo con Beowolf riprende la protestata umanita’ di The elephant man, che Grendel ricorda anche vagamente nei tratti del volto.
A dominare su tutto e’ la madre di Grendel, (Angelina Jolie) demone sensualissimo che alletta i nemici con la bellezza del suo corpo ma ancor piu’ con la magnificenza delle sue promesse e il film si chiude con il bellissimo gioco di sguardi tra lei e il nuovo re: quanto si vorrebbe vedere Wiglaf scagliar via la coppa, ma si intuisce perfettamente come finira’ la storia, se ancora oggi siamo tormentati dai mostruosi ibridi che nascono dai compromessi a cui non sanno sottrarsi gli uomini di potere.

Beowulf

Il nascondiglio

novembre 19, 2007

Ilnascondiglio Davenport, Iowa. Dopo 15 anni di ricovero in un ospedale psichiatrico, una donna di origine italiana decide di ricostruire la sua vita aprendo un ristorante; le viene proposto una costruzione molto particolare, detta Snakes Hall, dalla fama molto sinistra: la casa cinquant’anni prima era stata teatro di un efferato delitto dai risvolti ancora poco chiari. La permanenza in un luogo cosi’ nefasto mettera’ a dura prova la fragilita’ psichica della donna.

I film gotici di Avati hanno la particolarita’ di essere pure incursioni nel genere, che sconfinano molto poco nello splatter e soprattutto non utilizzano l’horror come chiave di lettura di problemi sociali, non fa eccezione Il nascondiglio, puro divertissement gotico che si avvale della valida interpretazione di un’inedita Laura Morante.
Da notare che il cast e’ quasi tutto composto da donne, per lo meno per quel che concerne i ruoli con una valenza attiva per l’evoluzione della trama, (Treat Williams e “lo zio Paulie” Burt Young fanno piu’ da richiamo per il pubblico) e sarebbe interessante approfondire l’indagine di un femminile apparentemente fragile ma perfettamente in grado di ribaltare questo punto di vista, per giunta con una buona dose di aggressivita’.
Il regista mette insieme con perizia gli elementi piu’ classici: la casa maledetta, qui un edificio incredibile tutto decorato con motivi serpentini, un delitto sconvolgente e oscuro, una donna fragile e non manca a mio parere una dose di divertito cinismo: forse subiro’ troppo l’influsso del Decameron di Luttazzi, ma far si’ che la protagonista confessi a un prete americano il sospetto di pedofilia caduto sul marito mi sembra quanto meno ironico, cosi’ come il fatto che l’unica donna mostrata dopo un’aggressione sia Yvonne Scio’, la cui celebrita’ in questi ultimi anni e‘ confinata alla manica di botte prese dalla topmodel Naomi Campbell.
Non siamo di certo di fronte a un capolavoro, ma se si ama il gotico classico, e si e’ disposti a lasciarsi spaventare, il film promette un sicuro divertimento.

Come l’ombra

novembre 14, 2007

Claudia e’ una trentenne single che vive a Milano e lavora in un agenzia viaggi, anche per questo motivo studia russo, e si innamora di Boris, uno dei suoi insegnanti. Boris e’ un tipo sicuramente affascinante, ma anche sfuggente; a ridosso delle ferie estive Boris chiede a Claudia se puo’ ospitare una sua cugina che arriva da Kiev, Olga, mentre lui e’ fuori per lavoro.
Claudia accetta con alcune riserve ma ben presto la convivenza con Olga si trasforma in amicizia e quando la ragazza scompare..

Presentata alle Giornate degli Autori di Venezia 2006 , una pellicola firmata dalla regista Marina Spada, molto interessante per come racconta il tema quanto mai attuale dell’immigrazione senza scadere nei soliti cliche’ ma portando sullo schermo semplicemente delle persone.
Un film con un finale aperto che una volta tanto nel cinema italiano e’ soddisfacente: la storia non si chiude non per la mancanza di coraggio di portarla a termine, ma perche’ il rapporto tra Claudia e Olga e’ quasi uno schizzo, ed e’ giusto uscire dalla sala chiedendosi chi e’ veramente Boris, qual’era la natura del suo legame con Olga e quale sara’ il futuro di Claudia, che in ogni caso interessandosi alle sorti di Olga riesce a superare la sua apatia e a prendere in mano la sua vita.
Colpisce molto il modo in cui viene messa in scena la vicenda, con lunghi silenzi, Claudia viene ripresa il piu’ delle volte dietro a un vetro, della vetrina del negozio, della finestra del suo appartamento o dietro il finestrini dell’autobus, la sensazione e’ quella di una quotidianita’ che scorre senza emozioni e con scarsi contatti fisici, sottolineata anche dal mostrare sempre la protagonista sulla soglia, di casa e del negozio mentre si chiude la porta o la serranda alle spalle.
A fare da cornice a questa esistenza una Milano pulsante di vita propria che ricorda la Los Angeles di Collateral, ma con una maggior connotazione negativa: nel film di Mann la metropoli aveva una sua maestosita’, in questa pellicola la citta’ sembra piu’ un escrescenza tumorale che divora spazi e vita.

Ratatouille

novembre 8, 2007

Come di consueto ad aprire la proiezione c’e’ un corto e Stu, anche gli alieni possono sbagliare (titolo originale Lifted) e’ esilarante nella versione fantozziana dell’alieno rapitore, poi ho gia’ lasciato il cuore sul protagonista del prossimo film, Wall.E il robottino, che mi ha intenerito quando ha sostituito la lampadina della “I“ del logo pixar con una a basso risparmio energetico.

Ratatouille

Venendo a Ratatouille, lo spirito che sta dietro al film e’ esternato all’interno della pellicola stessa, nella recensione finale che l’arcigno critico gastronomico fa della nuova conduzione dello storico ristorante Gusteau: quando ci si trova di fronte all’incredibile non tutti sono in grado di accettarlo, cosa che non e’ certo capitato al film, accolto con grandissimo favore da critica e pubblico eppure nella mente di ognuno di noi cosa c’e’ di piu’ antitetico di una pantegana e la raffinata cucina di un ristorante a cinque stelle? Il film riesce a conciliare gli opposti con i toni della fiaba (la bizzarra scoperta che il corpo di Linguini e’ manovrabile tirando le giuste ciocche di capelli) e con un colpo di coda finale che ricolloca il fiabesco nella realta’ ( il ristorante chiuso dall’ufficio d’igiene).
Dal punto di vista visivo la perfezione dell’animazione digitale prosegue a grandi passi: in alcuni momenti certi sfondi paiono davvero reali e la rocambolesca fuga nelle fogne e’ da antologia.
Nonostante tutta questa perfezione (o forse proprio per questa) non sono riuscita a perdere la testa per il “dolce Remy”: la maestria tecnica ormai non mi stupisce piu’ e dal punto di vista della sceneggiatura penso ci sia un calo da quando si scopre che Linguini e’ il vero erede; in ogni caso intravedo dietro a tutta la vicenda il sottile gioco intellettuale, che culmina nel rimando prustiano della ratatouille che pure resta il momento piu’ alto e quasi commovente del film.
Ecco.. sta a vedere che dopo non aver sopportato per anni il bieco sentimentalismo Disney ora mi manca!

In questo mondo libero..

novembre 7, 2007

Inquestomondolibero Dopo la parentesi romantica di Un bacio appassionato e l’immersione nella storia irlandese con Il vento che accarezza l’erba, Ken Loach torna a raccontare una storia che descrive senza mezzi termini la realta’ dei nostri tempi: Angie e ‘ una ragazza madre trentenne, che seleziona lavoratori extracomunitari per una ditta di lavoro interinale, alle spalle ha una sequela di lavori da cui e’ stata licenziata e quando perde anche questo impiego, decide di aprire un’agenzia per conto suo.
Benche’ un po’ truzza nell’aspetto, Angie rispetta perfettamente vizi e virtu’ dell’europeo medio, in fondo ha buon cuore (si tira in casa una famiglia clandestina di iraniani che vivono in un tugurio) ma e’ disposta a qualsiasi bassezza pur di continuare a garantire la sicurezza del figlio e del resto in questo mondo libero ormai ciascuno di noi sarebbe disposto a scendere a qualsiasi compromesso pur di continuare a mantenere la propria sicurezza e quella dei propri cari, diritto sacrosanto ma che purtroppo ormai combacia esclusivamente con la sicurezza economica (Angie non paga gli operai ma compra la minimoto al figlio) ottenuta spesso sulla pelle degli altri e questo non ci rende troppo diversi dai malavitosi che tanto disprezziamo.

addio a Enzo Biagi

novembre 6, 2007

sono felice di aver potuto dialogare con lei: se questo e’ possibile forse qualcosa e’ ancora possibile fare.

Roberto Saviano a conclusione dell’intervista con Enzo Biagi

Giorni e nuvole

novembre 5, 2007

Giornienuvole

Il lavoro di Soldini e’ carino e anche interessante sotto certi aspetti, ben recitato e sostenuto da nervosi piani sequenza sullo sfondo di una Genova bella ma un po’ prevedibile. Dove il film mi sembra fallire miseramente e’ nella rappresentazione del tema della perdita del lavoro che puo’ colpire anche segmenti di borghesia che fino a quel momento si sentivano sicuri, e cioe’ nell’argomento portante del film; innanzitutto la vicenda che porta Michele a ritrovarsi senza lavoro e’ poco credibile o quantomeno molto arzigogolata: sarebbe il socio buono (ovviamente di sinistra) di una piccola impresa che si oppone ai licenziamenti dei dipendenti e altre manovre poco etiche e per questo motivo viene fatto fuori dai soci a cui non puo’ far causa perche’ ha dato la casa a garanzia di non si sa bene cosa, mi domando chi possa riuscire ad identificarsi in una storia cosi’ confusa, forse volutamente nebulosa per rafforzare il classico finale aperto che mai mi e’ parso cosi’ ottimista; visto che il protagonista e’ Albanese avrei trovato molto piu’ interessante se nei guai ci si fosse trovato un Perego, costretto a vendere il suv fiammante invece della barchetta understatement.
La famiglia di Elsa e’ Michele e’ messa a dura prova, certo si soffre e alcuni momenti della depressione del protagonista sono anche toccanti, ma la storia e’ raccontata in maniera blanda: sembra quasi che tutto sommato faccia bene questa doccia fredda, aiutera’ i due coniugi a crescere e maturare (lui sei anni prima le aveva fatto pure le corna!) in una Genova indifferente ed algida dove non c’e’ un extracomunitario, tantomeno un cravattaro tutto si ricompone sotto la meraviglia di un affresco quattrocentesco.. nel mondo dei sogni.