Archive for Maggio 2021

Piccolo mondo antico

Maggio 31, 2021

Italia 1941
con Alida Valli, Massimo Serato, Mariù Pascoli, Annibale Betrone, Ada Dondini, Giacinto Molteni, Enzo Biliotti, Renato Cialente, Adele Garavaglia, Carlo Tamberlani, Giovanni Barrella, Elvira Bonecchi, Jone Morino, Giorgio Costantini, Nino Marchetti, Domenico Viglione Borghese, Emilio Baldanello, Anna Mari, Felice Minotti, Mario Soldati, Anna Carena, Attilio Dottesio, Franco Vitrotti
regia di Mario Soldati


Piccolomondoantico


Valsolda, 1850: Franco Maironi viene diseredato dalla nonna marchesa perché ha sposato Luisa, ragazza di più umili origini. Il professor Gilardoni informa Franco che potrebbe rivalersi sulla nonna perché è in possesso di una copia del testamento olografo del nonno che lo rende unico erede, testamento di cui la marchesa Orsola ha bruciato quella che credeva fosse l’unica copia. Franco rifiuta di disonorare la nonna e con la moglie va a vivere presso lo zio di lei, Piero Ribera. Neppure quando nasce la figlia dei due giovani la marchesa si ammorbidisce anzi fa in modo che gli esiti di una perquisizione della polizia austroungarica ricadano sullo zio Piero togliendo l’unico sostentamento della famiglia. Gilardoni torna alla carica con il testamento di cui viene informata anche Luisa, le diverse posizioni sull’eredità allontanano i due giovani e Franco si trasferisce a Torino per lavorare come giornalista ma la stretta degli austroungarici rende difficile l’invio di denaro così Luisa, ormai alla fame, affronta la marchesa ma proprio durante l’incontro tra le due donne Ombretta annega nel lago. Luisa si chiude nel suo dolore e la marchesa perseguitata dal senso di colpa in punto di morte perdona finalmente il nipote. Per alcuni anni Luisa e Franco restano lontani solo nel 1859, prima di partire per la guerra, Franco chiede alla moglie di raggiungerlo all’Isola Bella per un ultimo incontro.

Dall’omonimo romanzo di Antonio Fogazzaro, il film che trasformò Alida Valli in una stella, facendole vincere la Coppa Volpi alla mostra di Venezia.
Il film resta molto fedele al romanzo anche nell’afflato paesaggistico e nei molti caratteri secondari affidati a una serie di attori teatrali che danno la giusta patina regionale al film.
Essendo un film di carattere storico e letterario viene ritenuto un capolavoro del calligrafismo, quella corrente cinematografica che durante gli anni del fascismo si rifugiava nella bellezza delle immagini e storie lontane dalla contemporaneità per non prendere posizione; certo che la storia di una coppia di ferventi patrioti risorgimentali che rinuncia a tutto per liberare l’Italia dal giogo austroungarico mentre l’Italia fascista era alleata con i tedeschi forse così avulsa dalla realtà contemporanea non lo era…
Il film è invecchiato dignitosamente e si lascia seguire ancora oggi con passione, merito del soggetto, un classico della letteratura italiana, la bravura degli attori e perché no la presenza della deliziosa Ombretta che è un po’ la Diletta Butler della nostra cinematografia, unita alla bimba di Via col Vento dall’infausto destino.
Anche se non si incontrano praticamente mai, Alida Valli e Ada Dondini, la marchesa Orsola, lasciano il segno grazie alla loro alterigia, quella dell’onestà di Luisa e quella nobiliare di Orsola, bellissima giovane la prima, sfranta vecchia la seconda che pure ai suoi tempi doveva aver lasciato il segno, stando al testamento del marchese che fa riferimento agli amanti della moglie.
In mezzo il debuttante Massimo Serato, bellissimo dell’epoca che però non spiccò mai per le eccelse qualità interpretative.

Il magnifico scherzo

Maggio 30, 2021

Monkey Business
USA 1952 20th Century Fox
con Cary Grant, Ginger Rogers, Charles Coburn, Marilyn Monroe, Hugh Marlowe, Emmett Lynn, Larry Keating, Kathleen Freeman, Henry Letondal, Robert Cornthwaite, George Winslow, Esther Dale, Douglas Spencer, Jerry Sheldon, Harry Carey Jr.
regia di Howard Hawks


Ilmagnifico scherzo


Barnaba Fulton, uno scienziato impiegato in una grande ditta farmaceutica, sta cercando di creare delle vitamine che restituiscano il vigore fisico della giovinezza, una delle scimmie del laboratorio pasticcia con gli elementi e nasconde l’intruglio nell’erogatore dell’acqua del laboratorio. Gli effetti della miscela dello scimpanzé producono un ringiovanimento più mentale che fisico e Fulton e la moglie Edwina regrediranno fino all’infanzia prima di capire che dietro la favolosa formula c’è l’intervento animale

Rivedo questa commedia dopo anni e riconfermo il mio poco amore per la pellicola: l’introduzione è un po’ troppo lunga: lo scienziato che sulla porta di casa mentre sta per andare a una festa viene fulminato da un’idea legata al lavoro e si trasforma in una sorta di idiot savant subito compreso dall’amorevole mogliettina: la scena è anche carina ma inizia un lungo dialogo che deve farci capire che fa nella vita Fulton e dimostrare la solidità della coppia. In più Cary Grant con gli occhialoni da intellettuale fa subito Susanna! e come se non bastasse c’è un altro richiamo al capolavoro di Hawks: Edwina cucina con il grembiule da massaia sulla sottogonna trasparente quando arriva l’amico di famiglia avvocato, Barnaba farà di tutto per impedire che l’amico veda il lato b della moglie pur senza arrivare alle vette dell’abito strappato in Susanna!
Il film inizia a funzionare quando Barnaba arriva al lavoro e vengono introdotti i personaggi di spalla: l’avido direttore disposto a provare l’elisir dopo aver visto riaccendersi i sensi del vecchio scimpanzé e Marilyn perfetta nei panni della segretaria svampita segretamente innamorata di Fulton.
Il talento dei due protagonisti rende credibile e divertente la regressione all’infanzia dei coniugi Fulton e il film diventa un crescendo di situazioni sempre più surreali e comiche.
La critica francese della Nouvelle Vague ha esaltato ne Il magnifico Scherzo la critica verso la mitizzazione della gioventù, sicuramente presente ma preferisco il giudizio dello stesso regista che riconosceva i limiti dell’opera. Pare che il progetto originale prevedesse solo la regressione di Cary Grant e questo forse avrebbe dato più spazio al ruolo di Marilyn; fu la Rogers ad insistere perchè anche il suo personaggio subisse gli effetti della formula, del resto l’attrice era già stata protagonista di Frutto proibito di Wilder in cui si fingeva dodicenne.

Una strega chiamata Elvira

Maggio 27, 2021

Elvira: Mistress of the Dark
USA 1988
con Cassandra Peterson, William Morgan Sheppard, Daniel Greene, Edie McClurg, Jeff Conaway, Susan Kellermann, Charles Woolf, Kurt Fuller, Pat Crawford Brown, Ellen Dunning
regia di James Signorelli


Unastregadinomelevira


Elvira si licenza dal suo lavoro di presentatrice tv di vecchi film horror per sfuggire alle avances del proprietario della televisione, è sicura che presto avrà il suo show a Las Vegas ma il suo agente la informa che per avere la sala al Flamingo è necessario anticipare 50000 dollari. Elvira non fa in tempo a deprimersi che le arriva una lettera: deve partecipare alla lettura del testamento di una lontana prozia di cui non sospettava nemmeno l’esistenza. L’eredità consiste in una sgangherata casa vittoriana in un paesino conservatore del Massachusset, un cane e un libro di cucina che la cosa più ambita dallo zio Vincent Talbot: si scoprirà che il libro di ricette è in realtà un potente grimorio e Elvira discende da una grande progenie di streghe. Eliminato lo zio, Elvira riesce a farci accettare dai morigerati compaesani, trovare l’amore e avere il suo spettacolo a Las Vegas



Unastregachiamataelvira


L’attrice Cassandra Peterson, che ha avuto anche un piccolo ruolo in Roma di Fellini, ha legato a filo doppio la sua carriera al personaggio di Elvira (pronuncia Elvaira) che nasce come presentatrice di film horror alla televisione americana, su modelli già presenti nella tv USA tanto che ad Elvira venne anche mossa un’accusa di plagio. In ogni caso la Peterson è stata bravissima a trasformare il suo personaggio in un brand anche grazie al primo film, Una strega chiamata Elvira opera divertente e dissacrante diventata un cult per le procaci forme della protagonista anche se non è il mio caso: suppongo di essere una delle poche persone che vide il film in sala nell’estate dell’89 e da trent’anni conservo il ricordo sempre esilarante del barboncino tosato in versione punk e del flash back sui primi anni di vita di Elvira con la neonata già pesantemente truccata come la Elvira adulta.
Rivedendolo ho trovato altrettanto esilarante la parodia di Ramboe soprattutto quella di Flashdance con gli scaldamuscoli -rigorosamente neri- sugli immancabili tacchi a spillo. La citazione di Flashdance si trasforma poi in quella di Carrie perché la rivale in amore di Elvira, Patty sostituisce il secchio di coriandoli dorati con uno di pece e rovina lo spettacolo di Elvira che voleva risollevare le sorti del cinema del bel Bob.
Il film è una scanzonata parodia del genere horror che passa da una citazione all’altra, tra cinema e tv, a volte rovesciandole a volte solo per sottolineare gli stilemi tipici dell’horror e dei b movie con molte allusioni al sesso; ho trovato un interessante post sulle differenze tra le battute del doppiaggio italiano e quello originale, condivido il fatto che il becero stile italiano tenti di snaturare la figura di Elvira ma ritengo che il target sia sempre quello giovanile, il linguaggio più sboccato del dovuto, solo un modo per rendere ancora più intrigante il personaggio: anche se alcune battute in italiano stridono per volgarità o insensatezza penso che Elvira riesca a mantenere intatta la sua potenza eversiva.
Lo scontro più che con le forze del male incarnate dallo zio stregone, è contro la morale benpensante della provincia americana: il paesino di Fallwell che sembra la Stars Hollow di Una mamma per amica con tanto di gazebo nella piazza principale, a governare la cittadina con pugno di ferro c’è la Lega per la moralità guidata da (open nomen) Chastity Pariah interpretata da Edie McClurg che tutti ricordiamo come la vicina impicciona di Super Vicky.

Sabotatori

Maggio 7, 2021

Saboteur
USA 1942 Universal
con Priscilla Lane, Robert Cummings, Otto Kruger, Alan Baxter, Clem Bevans, Norman Lloyd, Alma Kruger, Vaughan Glazer, Dorothy Peterson, Ian Wolfe, Jeanne Romer, Lyn Romer, Anita Sharp-Bolster, Frances Carson, Oliver Blake, Kathryn Adams, Murray Alper, Billy Curtis, Pedro de Cordoba, Marie Le Deaux
regia di Alfred Hitchcock


Sabotatori


Un atto di sabotaggio provoca la morte di un giovane operaio, viene accusato il suo migliore amico, Barry Kane che gli ha passato un estintore pieno di benzina. Kane si mette sulle tracce di un collega, Frank Fry, che gli ha passato l’estintore; Kane scopre così l’esistenza di un gruppo eversivo che sta organizzando sabotaggi per rovesciare il governo democratico americano. Nel suo viaggio incontra una giovane modella, Patricia Martin che dopo un’iniziale reticenza aiuta Barry nel suo tentativo di sgominare la banda e affermare la propria innocenza.



Sabotatori

Un’opera di chiara propaganda bellica dove però sono presenti i tratti inconfondibili della teoretica hitchcockiana a partire dall’innocente costretto a dimostrare la propria estraneità ai fatti di cui è accusato.
Se partiamo dall’assunto della mostra itinerante Alfred Hitchcok nei film della Universal Pictures secondo cui il maestro del brivido mantiene sempre una dimensione sperimentale e in ogni film si cimenta, a modo suo, in un genere diverso, Sabotatori sarebbe il film d’azione del regista visti i toni rocamboleschi della pellicola: il tuffo nel fiume, la catena delle manette limata dalla ventola dell’auto, il finale sulla Statua della Libertà che anticipa quello sul Monte Rushmore di Intrigo internazionale e quanto doveva apparire sconvolgente al pubblico degli anni ’50 che già conosceva il finale di Sabotatori la scena di Intrigo Internazionale che Hitch risolve genialmente e sardonicamente con il taglio e il passaggio alla cuccetta del treno.
Considerato un film minore e di certo la pellicola è appesantita dagli obbligatori pistolotti retorici sull’amor di patria e la superiorità americana imposta dalla propaganda, Sabotatori è un film di transizione che riprende alcune tematiche di film precedenti e anticipa temi e sequenze che verranno sviluppati nei capolavori futuri: la cricca di filonazisti appartenenti al bel mondo sarà poi sviluppata in Notorius, la pistola che spunta dal tendone a casa Sutton e gli spari tra il pubblico sovrapposti a quelli del film al Radio City Music Hall daranno poi vita alla scena alla Royal Albert Hall de L’uomo che sapeva troppo.
Possiamo notare anche che la perfetta misura hitchcockiana prevede sempre piccole dosi di humor: la vicina impicciona della madre dell’operaio ucciso, la donna barbuta dall’animo romantico e ovviamente il lato romantico che qui ha ancora tutti i toni della screwball con la protagonista femminile determinata a consegnare ai poliziotti il presunto colpevole nonostante l’invito ad aiutarlo dello zio cieco.
Non manca la comparsata del regista, qui addirittura doppia: il cowboy baffuto che consegna la lettera al ranch e come cliente a un’edicola.

Riccardo va all’inferno

Maggio 3, 2021

Italia 2017
con Massimo Ranieri, Sonia Bergamasco, Silvia Gallerano, Silvia Calderoni, Michelangelo Dalisi, Ivan Franek, Tommaso Ragno
regia di Roberta Torre



Riccardovaallinferno


Riccardo Mancini, figlio di una “nobile” famiglia romana che domina il mercato della droga, torna a casa dopo anni trascorsi in manicomio: spinto dai due fratelli da un muro è rimasto sciancato e battendo la testa è diventato anche schizofrenico. Tra promesse di pace e unità famigliare, Riccardo ritrova i suoi fedeli sostenitori che dalle segrete del castello hanno ascoltato tutto per anni e ben presto mette in atto il suo piano di vendetta diventando il re ma l’ultimo ostacolo è la Regina Madre che ha sempre manipolato tutto…

Libera interpretazione del Riccardo III shakespeariano riletto in chiave musical dalla regista Roberta Torre che torna all’estetica più trash del suo film più noto Tano da Morire.
Il film ha delle slabbrature, il potenziale non viene sfruttato a pieno e non c’è un crescendo di orrore nell’accumularsi di vendette e contro vendette che caratterizzano il film mentre a funzionare molto bene è l’impianto visivo dell’opera.
Riccardo va all’inferno è ambientato in un fantomatico Tiburtino terzo, l’alleato più fedele del protagonista è uno zingaro, i richiami al “mondo di mezzo” di Mafia Capitale ci sono ma la Torre sembra più vicina al mondo di Gomorra, film e serie tv nell’assurdo kitsch delle pistole d’oro e oggetti di platica luminosa, come le bare dei fratelli morti.
Al miscuglio tra kitsch popolare, nobiltà decadente declinato in toni cupi, si aggiunge la dimensione onirica dei ricordi dai colori chiari, sfocati perché frutto di una mente malata come quella di Riccardo.
La mostruosità fisica e morale del protagonista nasce in seno alla famiglia: lo spintone dei fratelli, il rapporto morboso con la madre che utilizza la follia del figlio per attribuirgli l’omicidio del padre rispendendolo nuovamente in manicomio: la regina sarà l’ostacolo definitivo tra Riccardo e la sua brama di potere.
Ottimo il cast, superba Sonia Bergamasco nel ruolo della Regina madre invecchiata ad arte ma sempre sensuale e grandioso Massimo Ranieri nel ruolo del ghignante Riccardo, calvo e sciancato, ha qualcosa che ricorda Nosferatu ma nelle scene iniziali dell’uscita dal manicomio ripropone le movenze del pazzo Renfield a sottolineare ancora una volta la natura schizofrenica del personaggio, servo e padrone di sè stesso.