Archive for gennaio 2010

La prima cosa bella

gennaio 29, 2010

Laprimacosabella Bruno, professore in un liceo milanese e’ un uomo profondamente infelice che rifugge i legami con una famiglia complicata, ma l’aggravarsi della madre, malata terminale di cancro, lo costringe suo malgrado a tornare a Livorno e a confrontarsi con i ricordi del passato..

Un’opera che segna la maturita’ artistica del regista, in grado di dipingere il commovente ritratto di una donna bella ed ingenua, la cui leggerezza nei confronti della vita viene scambiata nella gretta provincia degli anni ‘70/80 per squallida propensione alla promiscuità’ sessuale.
Il sensibilissimo Bruno resta segnato dai commenti su questa madre cosi’ ingombrante e si rinchiude in se’ stesso mentre la sorellina Valeria, appena maggiorenne, sposa il suo primo amore, impedendosi di vivere altri sentimenti per sfuggire al retaggio materno.
L’acuirsi della malattia della madre costringe i due ragazzi a rivedere la figura materna, scoprendone tutto il candore e l’umanita’ negli ultimi giorni di vita.
E’ interessante notare come il tema della riscoperta della figura genitoriale nel momento della morte sia gia’ stato affrontato quest’anno nel film di Rubini, L’uomo nero, con esiti e soluzioni sicuramente diversi ma resta comunque significativo che due registi della stessa generazione decidano di affrontare lo stesso tema.
Se la prima parte de La prima cosa bella, tutta giocata sull’alternarsi del presente con i flashback del passato, risulta a volte un po’ schematica, la parte finale della morte di Anna e’ davvero un capolavoro di commedia all’italiana, dove Virzi’ rifugge il pudore di affrontare i sentimenti (la commovente ultima cantata de La prima cosa bella) osando pero’ miscelarli sapientemente con forti dosi di cinismo (l’abbandono del marito) per cui si passa dalla lacrima alla risata senza soluzione di continuita’.
Venendo al cast, Mastrandrea si conferma maestro in sottrazione ma su tutti svetta una bravissima Stefania Sandrelli; se questa pellicola doveva essere la consacrazione di Michaela Ramazzotti, la brava attrice non riesce a reggere il confronto con il mostro sacro Sandrelli: e’ sicuramente bella e molto spigliata ma a fregarla e’ lo sguardo sempre un po’ affranto che stride con la leggerezza e la gioia di vivere che la Sandrelli sa infondere negli occhi della sua Anna.

Edward Hopper

gennaio 28, 2010

Per l’enneisma volta esco da una mostra presente al Palazzo Reale di Milano con un senso di delusione. A questo punto comincio a pensare che sia il linguaggio magniloquente con cui l’ente presenta i suoi eventi che crea in me grosse aspettative che vengono puntualmente tradite. Questa esposizione di Hopper e’ in realta’ molto curata e approfondita, superando gli standard abituali del Palazzo Reale, ma il presentarla come una grande antologica e scrivere nell’introduzione del catalogo, firmata dal sindaco Letizia Moratti che “la mostra ripercorre in sette sezioni tutta la produzione di Hopper” e’ francamente eccessivo visto che mancano praticamente tutti i capolavori dedicati ai notturni urbani come Gas o Nighthawks, il piu’ celebre dipinto di Hopper che speravo proprio di vedere a Milano: diciamolo chiaramente fare un’antologica su Hopper senza quel quadro sarebbe come fare una mostra su Giorgione senza La tempesta (e fortunatamente alla mostra su Giorgione a Castelfranco Veneto La Tempesta c’e’!)

Nighthawks

Ribadisco che la mostra e’ davvero accurata nell’illustrare l’approccio di Hopper alla pittura: vedere la minuzia con cui indicava i colori e i giochi di ombre sui i bozzetti preparativi dei dipinti incute un timore reverenziale verso questo gigante della pittura americana. Anche la sua attivita’ di incisore e’ notevole e tra le opere esposte Night Shadow e’ di forte impatto emotivo e mi ha letteralmente scaraventato dentro le atmosfere di un racconto di Cornell Woolrich.

Etch_hopper-nightshadows

E’ stato altrettanto piacevole scoprire le opere del periodo parigino dell’artista, ammirando principalmente Le bistro’.

Hopper bistro

Pero’ la delusione per non aver potuto vedere House by the Railroad il quadro che’ ispiro’ a Hitchcock il villino dei Bates in Psycho e i grandi capolavori di cui parlavo prima resta cocente: forse piu’ che di una grande restorspettiva si dovrebbe presentare la mostra come un’approfondimento dell’importanza della luce nelle opere di Hopper che e’ il tema principalmente indagato nell’esposizione.

Edwardhopper housebyrailroad

L’uomo che verrà

gennaio 27, 2010

L'uomocheverra'-jpg

Martina e’ una bambina rimasta muta in seguito alla morte del fratellino neonato spirato tra le sue braccia. Attraverso i suoi occhi seguiamo la vita della sua famiglia e dei suoi compaesani sull’Appennino emiliano nei mesi che precedono e nei giorni che seguono la terribile strage di Marzabotto iniziata il 29 settembre 1944 per concludersi il 5 ottobre 1944.

L’uomo che verra’ non e’ propriamente un film sulla strage di Marzabotto, Diritti prosegue la sua teoretica iniziata nella sua opera prima, Il vento fa il suo giro , che consiste nella narrazione di mondi di matrice contadina appartati come la comunità occitana delle valli cuneesi del film precedente o scomparse, come la vita contadina ai margini della montagna continuata per secoli con le sue leggi ataviche e dure fino al dopoguerra, raccontata nella pellicola attualmente nelle sale. Al regista preme raccontare l’impatto di un un mondo arcaico guidato da leggi secolari con la follia moderna di una guerra crudele che colpisce la popolazione e la costringe suo malgrado a cercare di mantenere un equilibrio impossibile tra le richieste dei partigiani e quelle dei tedeschi: qualunque sia il pensiero politico degli abitanti, essi sono comunque costretti a dividere i magri raccolti con i tedeschi che confiscano e i partigiani che promettono pagamenti a guerra finita.
LuomocheverràIl racconto ha i ritmi lenti di un mondo ormai scomparso e fa pensare a L’albero degli zoccoli di Olmi, maestro di cui Diritti e’ il più fedele allievo, anche per la scelta stilistica di girare il film in dialetto emiliano, sottotitolandolo. Forse incuriosisce il fatto che i dialoghi dei soldati tedeschi non siamo mai sottotitolati ma questa scelta acuisce ancora di più l’incomunicabilità tra i due mondi che sono venuti a collidere. Sicuramente il mondo contadino della famiglia di Martina sarebbe stato comunque destinato a scomparire con il progresso dei decenni a venire, ma l’evento sconvolgente della rappresaglia nazista sconquassa ancora di più quella realtà già così duramente provata per cui non tutti i sopravvissuti materialmente alla strage avranno la forza di sopravvivere in un mondo che ha sovvertito in maniera così folle le regole della convivenza umana; ci riusciranno sono i bambini la cui spinta vitale e’ più forte della perdita della capacita’ di sapersi muovere in un mondo che all’improvviso appare incomprensibile.
L’uomo che verrà conferma il talento originale di Diritti e l’interesse verso questo autore si fa più insistente, benché il film sia stato vergognosamente distribuito solo in cinquantacinque (55!) copie sul territorio nazionale; ma dicevo dell’interesse verso l’autore per cui ogni commento a questo film si conclude ricordando che per anni Diritti ha curato i casting per registi come Fellini, lo ricordo anche io perché la scelta della spia fascista e’ davvero stupefacente: un volto beffardo uscito da un delirio pittorico di Hieronymus Bosch.

L’uomo che verra’

gennaio 27, 2010

L'uomocheverra'-jpg Martina e’ una bambina rimasta muta in seguito alla morte del fratellino neonato spirato tra le sue braccia. Attraverso i suoi occhi seguiamo la vita della sua famiglia e dei suoi compaesani sull’Appennino emiliano nei mesi che precedono e nei giorni che seguono la terribile strage di Marzabotto iniziata il 29 settembre 1944 per concludersi il 5 ottobre 1944.

L’uomo che verra’ non e’ propriamente un film sulla strage di Marzabotto, Diritti prosegue la sua teoretica iniziata nella sua opera prima, Il vento fa il suo giro , che consiste nella narrazione di mondi di matrice contadina appartati come la comunita’ occitana delle valli cuneesi del film precedente o scomparse, come la vita contadina ai margini della montagna continuata per secoli con le sue leggi ataviche e dure fino al dopoguerra, raccontata nella pellicola attualmente nelle sale. Al regista preme raccontare l’impatto di un un mondo arcaico guidato da leggi secolari con la follia moderna di una guerra crudele che colpisce la popolazione e la costringe suo malgrado a cercare di mantenere un equilibrio impossibile tra le richieste dei partigiani e quelle dei tedeschi: qualunque sia il pensiero politico degli abitanti, essi sono comunque costretti a dividere i magri raccolti con i tedeschi che confiscano e i partigiani che promettono pagamenti a guerra finita.
Il racconto ha i ritmi lenti di un mondo ormai scomparso e fa pensare a L’albero degli zoccoli di Olmi, maestro di cui Diritti e’ il piu’ fedele allievo, anche per la scelta stilistica di girare il film in dialetto emiliano, sottotitolandolo. Forse incuriosisce il fatto che i dialoghi dei soldati tedeschi non siamo mai sottotitolati ma questa scelta acuisce ancora di piu’ l’incomunicabilita’ tra i due mondi che sono venuti a collidere. Sicuramente il mondo contadino della famiglia di Martina sarebbe stato comunque destinato a scomparire con il progresso dei decenni a venire, ma l’evento sconvolgente della rappresaglia nazista sconquassa ancora di piu’ quella realta’ gia’ cosi’ duramente provata per cui non tutti i sopravvissuti materialmente alla strage avranno la forza di sopravvivere in una realta’ che ha sovvertito in maniera cosi’ folle le regole della convivenza umana; ci riusciranno sono i bambini la cui spinta vitale e’ piu’’ forte della perdita della capacita’ di sapersi muovere in un mondo che all’improvviso appare incomprensibile.
L’uomo che verra’ conferma il talento originale di Diritti e l’interesse verso questo autore si fa piu’ insistente, benche’ il film sia stato vergognosamente distribuito solo in cinquantacinque (55!) copie sul territorio nazionale; ma dicevo dell’interesse verso l’autore per cui ogni commento a questo film si conclude ricordando che per anni Diritti ha curato i casting per registi come Fellini, lo ricordo anche io perche’ la scelta della spia fascista e’ davvero stupefacente: un volto beffardo uscito da un delirio pittorico di Hieronymus Bosch.

Il mondo dei replicanti

gennaio 21, 2010

Ilmondoedeireplicanti Tecnologia nata per aiutare i disabili a condurre una vita normale, i surrogati umani in breve tempo diventano i sostituti dell’ intera umanita’: la gente se ne sta rinchiusa in casa a comandare da una poltrona il proprio facsimile robotico che affronta il mondo esterno sempre in forma smagliante e in grado di superare senza problemi qualsiasi incidente, ma un giorno compare un arma in grado di uccidere il repicante e la persona che lo guida da casa..

Piccolo film di fantascienza ispirato al fumetto The surrogates che stigmatizza i comportamenti del nostro tempo: l’ossessione per la forma fisica ed il rifugiarsi dietro la tastiera di un computer per simulare una vita piu’ interessante, nonche’ sicura, portandoli alle estreme conseguenze.
Se mi ha divertito il gioco citazionista dei classici della fantascienza, non mi ha convinto la mancanza di una motivazione valida per cui il 98% della popolazione mondiale se ne sta nascosto dietro un replicante. Se la spinta dell’agente Greer e sua moglie e’ lampante, si sono rifugiati in un mondo di plastica per sfuggire al dolore della perdita del figlio, continuo a non capire perche’ tutto il mondo si limiti a vivere spostandosi dal letto alla poltrona per connettersi con il proprio surrogato. Sicuramente una metafora di un mondo facilmente manipolabile dai media ma secondo me ci sarebbe voluto un elemento critico scatenate, che so un grosso attentato terroristico oppure un peggioramento della qualita’ dell’aria per cui sia consigliabile vivere rintanati. La mancanza di una causa valida non mi ha permesso di credere in quel presente dominato dal surrogato robotico.

Welcome

gennaio 18, 2010

Welcome Bilal, diciassettenne curdo, ha lasciato Mossul a piedi per andare Londra a ritrovare la fidanzata. Il suo sogno d’amore si infrange a Calais dove scopre la difficolta’ dei clandestini di raggiungere l’isola britannica. Bilal decide allora di attraversare la Manica a nuoto e per farlo inizia a prendere lezioni nella piscina comunale di Calais da un bagnino che prendera’ a cuore la sua situazione…

Un film che entra nel cuore come una lama gelida lasciando lo spettatore disarmato davanti all’ingenuita’ e alla determinazione di Bazda, il ragazzino corridore che ha lasciato l’Iraq per amore e pensa di cavarsela attingendo al sogno velleitario, tipico del villaggio globale: diventare calciatore nel Manchester United.
Il regista Philippe Lioret illustra con il freddo distacco di un documentario la tragica situazione dei clandestini che si accampano sulle coste francesi nella speranza di attraversare la Manica ma soprattutto ci mette di fronte alla nostra solitudine incarnata nel personaggio di Simon (un intenso e dolente Vincent Lindon) bagnino cinquantenne con un passato agonistico alle spalle e un matrimonio appena fallito che ha davanti a se’ un futuro di solitudine fatto di cene monoporzione al tavolo di un pub o davanti alla tv. Simon non sa restare indifferente davanti all’ingenua determinazione di Bilal e fa quanto piu’ proibito, espressamente dalla legge francese ma tacitamente da tutta la nostra societa’: si lascia coinvolgere dalla vicenda del ragazzo curdo e minorenne (che avrebbe quindi tutto il diritto all’accoglienza) prendendosi cura di lui e consigliandolo come se fosse un figlio.
Non stiamo assistendo ad una fiaba a lieto fine e per quanto ci si possa illudere durante la visione, il finale sara’ amarissimo, in linea con il sarcastico titolo, quel Welcome che scriviamo sugli stuoini ma di cui non conosciamo piu’ il significato.

Sherlock Holmes

gennaio 15, 2010

Sherlockholmes Al suo primo blockbuster Guy Ritchie rilegge in chiave contemporanea l’epopea di Sherlock Holmes che dismette la mantellina e il cappellino cn le orecchie rivolte all’insu’ della tradizione per trasformarsi in un dandy un po’ sgualcito molto piu simpatico del saccente detective che, a quanto pare, non godeva neppure le grazie del suo creatore, Arthur Conan Doyle. Anche l’onnipresente Watson si trasforma da spalla un po’ ottusa in un fedele amico bonario ma non succube del geniale compagno d’avventure.
Certo siamo davanti a un film di puro intrattenimento dove le scene d’azione corpo a corpo, declinate come le arti marziali orientali, caratteristica dei nostri tempi, non mancano ma il film, a mio parere, ha il pregio di far rivivere un certo spirito dell’epoca vittoriana che permetteva il felice connubio tra positivismo scientifico e la fede nel progresso con le pratiche della magia nera e dello spiritismo. Caratteristiche della seconda meta’ del XIX secolo che sono state alla base di molte opere letterarie tra cui si annoverano quelle di Conan Doyle.
Altra caratteristica della pellicola, non sempre data per scontata in film di casetta, e’ la presenza di attori che sanno recitare (oltre che essere fascinosissimi!). Robert Downey Jr sembra ricordarsi benissimo la lezione del Chaplin che gli procuro’ l’Oscar nel 1992 e sfodera un repertorio di mimica degno di Charlot, del resto la sua rinascita come divo di film di cassetta si deve proprio all’ironia con cui prende poco sui serio i suoi eroi campioni di incassi.

Sua altezza si sposa

gennaio 14, 2010

Suaaltezzasisposa Royal Wedding
Usa 1951 MGM
con Fred Astaire, Jane Powell, Peter Lawford
regia di Stanley Donen

Tom ed Ellen Bowen sono una coppia di ballerini di successo, totalmente votati alla carriera. Durante una turnee’ in Inghilterra per le nozze reali del titolo, i due artisti incontreranno anche l’amore.

Sciapa commedia musicale dove le due storie d’amore parallele procedono senza scossoni verso il lieto fine, l’unico conflitto e’ quello tra i due fratelli che temono di sciogliere il loro proficuo sodalizio.
Il film e’ passato alla storia per la celebre sequenza di Fred Astaire che balla sui muri e sul soffitto. Il numero si svolge nel secondo tempo ma ha un’anticipazione nella prima parte della pellicola quando la ballerina di cui Tom Bowen si innamora gli confida che il suo amore per il ballo e’ nato in seguito a una cotta giovanile che la rese tanto felice che credeva di poter ballare sui muri, quando il personaggio di Fred Astaire scoprira’ di essere innamorato riuscira’ davvero a ballare sui muri.

Il film ebbe una lavorazione travagliata: Jane Powell fu la terza attrice scelta per il ruolo dopo la defezione di June Allison per una gravidanza e quella di Judy Garland ormai preda dell’alcol e della depressione. Jane Powell non fa rimpiangere le sue colleghe per l’abilita’ con cui si confronta con il grande Fred Astaire ed e’ bella come una bambola.
Il matrimonio reale del titolo e’ quello della regina Elisabetta avvenuto nel 1947 e alcune immagini di repertorio sono utilizzate nel film: impressionante ritrovare lo stesso cerimoniale e riconoscere la medesima carrozza che nel 1981 caratterizzarono le nozze di Carlo e Diana.

Il riccio

gennaio 11, 2010

Il riccio Attenzione, spoiler!

Avevo letto a suo tempo il best seller L’eleganza del riccio e, pur apprezzandolo, avevo patito la grande delusione della morte della portieia alla soglia di una nuova felicita’.
Anche nel suo stile elegante il romanzo e’ pur sempre una favola moderna che invita a guardare oltre le apparenze e allora dinnanzi alla favola esigo il mio diritto al lieto fine altrimenti mi permetto di liquidare il grande exploit della narrativa francese come un’operazione furbetta infarcita di un certo classismo culturale per cui la brillante autrice, non sapendo come uscire dal crescendo sentimentale che aveva creato, ha pensato bene di far fuori la protagonista piu’ scomoda.
Questa premessa per dire che, con buona pace delle rimostranze di Muriel Barbery sulla riduzione cinematografica che Mona Achache ha liberamente tratto dal suo romanzo, preferisco il film al libro.
Mentre nel romanzo si intrecciano i punti di vista della dodicenne Paloma e della burbera Madame Michel, la portiera, la pellicola prende in considerazione solo il punto di vista della ragazzina trasformando il racconto in una storia di formazione: le pulsioni suicide della dodicenne troppo intelligente e disincantata si placano davanti alla morte di qualcuno che le e’ davvero caro.
Mona Achache risolve la vicenda con levita’ e raffinatezza stilistica sostenute da alcune scene animate davvero deliziose.
Inutile nascondere che il mio giudizio positivo viene sottolineato dalla magnifica location: il palazzo dell’alta borghesia parigina che nel libro si trova in Rue de Granelle, si e’ materializzato in un meraviglioso stabile art nouveau e l’appartamento di M.me Michel conserva anche un’adorabile tappezzeria d’epoca.

La Merica! Da Genova ad Ellis Island.

gennaio 8, 2010

La merica1 Ancora pochissimi giorni per visitare la mostra sull’emigrazione italiana d’inizio ‘900 che si tiene a Galata Museo del Mare a Genova.
Si tratta di un’ esibizione interattiva: al visitatore viene fornito biglietto d’imbarco e passaporto con i dati relativi a persone che hanno davvero compiuto la traversata atlantica in cerca di fortuna e poteva anche capitare in sorte di vestire i panni di Rodolfo Valentino o Eleonora Duse. Il bigliettaio legge i dati del passaporto e introduce la nuova identita’ del visitatore. Io ero Michela Maria Caserta, una donna non piu’ giovanissima che ha lasciato l’avellinese in cerca di fortuna a Nuova York, al mio moroso invece e’ toccata l’identita’ di un emigrato genovese che i soldi in America li ha fatti davvero.
Il percorso prosegue sul bastimento dove sono mostrate le cuccette di terza classe e le cabine di seconda, la sala da pranzo che per molti nostri connazionali rappresentava per la prima volta la sicurezza di due pasti garantiti al giorno.
Le didascalie raccontano come molti illustri personaggi del tempo trovassero le condizioni del viaggio deprecabili e sicuramente sulla pelle di tanti poveracci fecero fortuna molte compagnie mercantili che negli anni a cavallo tra il XIX e XX secolo riattarono vecchie navi in bastimenti per il trasporto di emigrati. Una cosa squallida ma sempre piu’ dignitosa degli orrori che vediamo al giorno d’oggi sulle nostre spiagge.. alla faccia del progresso!
La merica2 La mostra termina con l’arrivo a Ellis Island e sono descritti i testi fisici e psicologici che gli immigrati dovevano sostenere per avere diritto all’ingresso in America. Mi ha colpito molto l’attenzione che si aveva per l’ingresso delle donne proprio per evitare il fenomeno della prostituzione e di nuovo il parallelo con i tempi di oggi si fa stridente.
Al termine della visita c’e’ ancora uno spazio interattivo dove si puo’ rispondere direttamente ad alcuni dei questionari da superare per poter entrare, sono molto simili a quelli che ancora oggi distribuiscono sui voli di linea per gli USA. Per inciso io non sono riuscita ad entrare per quanto avessi i miei quaranta dollari, sapessi scrivere e avessi delle conoscenze negli States, non ho saputo resistere e alla domanda se fossi anarchica ho risposto positivamente giocandomi la possibilita’ di far fortuna in America.

La Merica! Da Genova ad Ellis Island.
Fino al 10 Gennaio 2010
Galata museo del Mare, Genova