Archive for luglio 2015

Il trio infernale

luglio 28, 2015

Iltrioinfernale The Unholy Three
Usa 1925 MGM
con Lon Chaney, Mae Busch, Victor McLaglen, Harry Earles
regia di Tod Browning

Cacciati dal circo dove lavorano, un ventriloquo, un nano e un uomo forzuto decidono di unire le forze per dedicarsi al crimine: vendendo animali esotici prendono di mira le case dei ricchi per svaligiarle. Quando durante una rapina ci scappa il morto, i tre decidono di addossare la colpa a Hector, il commesso del negozio ma Rose, la ex borseggiatrice che si è innamorata del giovane supplica Echo, il ventriloquo di scagionare Hector in cambio del suo amore..

Il trio infernale è il secondo dei nove film girati da Tod Browning con Lon Chaney, il primo per la MGM; la pellicola ebbe molto successo e il duo ne rigirò l’omonimo remake sonoro nel 1930, che resta l’ultimo film girato da Chaney (e la sua prima e unica pellicola sonora) prima di morire prematuramente.
La storia è appesantita dall’eccesso di melodramma sentimentale che ruota attorno alla ragazza ma anticipa tutto il mondo di Browning, ben oltre le atmosfere circensi che esalterà in Freaks.
Theunholythree Per gestire il negozio, infatti Echo e il nano si travestono, il nano da pargoletto e il ventriloquo da vecchia signora O’Grady: lo stesso travestimento e quasi lo stesso costume adottato da Lionel Barrymore ne La Bambola del Diavolo, penultimo film del regista del 1936.
Ad interpretare il nano c’è Harry Earles che ritroveremo protagonista in Freaks nelle vesti Hans, il nano ingannato dalla bella Cleopatra; in Il Trio Infernale, per quanto si travesta da infante, è forse il più malvagio dei tre: per le sue intemperanze verso il pubblico i tre devono lasciare il circo, lui suggerisce al forzuto Ercole di non aspettare Echo e andare a fare in due la rapina che sfocerà in tragedia ed è sempre lui a liberare lo scimmione che porterà alla morte sua e di Ercole: ancora un gorilla metterà fine alle perfidie di Madame de Silva in Vendetta d’Oriente, l’ultimo film muto di Browning del 1929, girato sempre con Chaney.
Lon Chaney recità il ruolo di Echo, senza particolari trasformazioni, la sua abilità mimetica è riservata alla vecchia nonna O’Grady, che oltre al trucco, l’attore caratterizza con il passo tremante e la schiena ingobbita.
Pur riprendendo tutte le scene con la macchina fissa, Browning sa creare un’atmosfera demoniaca nelle macchinazioni dei tre malviventi con un uso delle ombre degno del cinema espressionista tedesco.

Unholy three shadows

Una particolarità divertente del film è che quando nonna O’Grady deve dimostrare l’abilità dei suoi pappagalli (mai istruiti a parlare ma “doppiati” dal ventriloquo Echo) invece delle didascalie, compaiono dei fumetti in sovraimpressione con le frasi dette dai pennuti.

The Judge

luglio 24, 2015

Hank Palmer, smaliziato avvocato di successo torna a Carlinville nell’Indiana per i funerali della madre. Terminate le esequie Hank si trova costretto a restare in città per difendere da un accusa di omicidio il padre, il giudice Joseph Palmer, con cui ha un pessimo rapporto. Il processo diventa l’occasione per appianare le incomprensioni della famiglia Palmer.

The judge


Più che appartenere al genere processuale, The Judge ha la struttura di quei film strappalacrime che di solito sono appannaggio di un cast al femminile dove il ritorno a casa della progenie scapestrata è l’occasione per affrontare, una volte per tutte, i drammi che si celano nel passato famigliare con un gran numero di scene madri.
L’originalità sta nel cast tutto maschile: oltre Hank la famiglia Palmer è composta da Glenn, il primogenito che poteva avere un grande futuro agonistico, mandato in frantumi da un incidente causato da Hank e poi Dale, ultimogenito con lievi problemi mentali; se l’approccio maschile al dolore riserva qualche cameratismo e qualche battuta in più, la pellicola risulta comunque prevedibile e appesantita da un eccesso di sottotrame che ne dà un andamento più da serie televisiva che da film per il grande schermo (sarà anche colpa di tutti i comprimari che sono star di serie tv, a partire da Billy Bob Thornton, qui avvocato della controparte ma con lo stesso ghigno malefico del Lorne Malvo di Fargo)

Thejudge


Si rispetta comunque la caratteristica base che fa funzionare questo genere di pellicole: la grande prova attoriale dei protagonisti e se da Rober Duvall ci si aspetta che sia all’altezza della situazione, è un piacere ritrovare in Robert Downey Jr. la sensibilità per una recitazione più sfumata che sa andare oltre le mossette gigione di Iron man, che pure non mancano.

L’ammaliatrice

luglio 21, 2015

Theflameofneworleans The Flame of New Orleans
Usa 1941 Universal
con Marlene Dietrich, Bruce Cabot, Roland Young, Mischa Auer
regia di René Clair

1840: l’avventuriera Claire Ledeux arriva a New Orleans spacciandosi per una contessa e riesce a conquistare un ricco banchiere. Per il denaro rinuncia all’amore per un aitante ma spiantato marinaio. Quando un personaggio del suo passato rischia di mandare a monte il matrimonio, la donna attribuisce i disdicevoli trascorsi a una cugina fittizia, Lili, facendo anche in modo che il promesso sposo la incroci. La vede anche il marinaio che finisce per capire il doppio gioco della donna che, nelle vesti di Lili, gli ha rivelato i suoi veri sentimenti.

Il primo film americano di René Clair parte come il flash back di una leggenda, quello della contessa che si suicidò il giorno del matrimonio, nata vedendo un abito da sposa che galleggia sulle acque del Mississippi, lo sviluppo sarà completamente diverso da quel che promette la leggenda: una pochade comica e ben poco romantica che ha per protagonista una donna senza scrupoli e il continuo gioco sul doppio, di ruoli e di sentimenti è già anticipato dal cognome della presunta contessa.
Lammaliatrice Il film è piacevole senza essere particolarmente rimarchevole: il bel mondo del Sud sembra quasi parodiare Via col vento con zie sorde e zitelle inacidite; tra i momenti più riusciti merita di essere citata la sequenza in cui si svela l’equivoco passato di Claire, raccontanto mentre la donna sta cantando e nonostante il brano sia molto romantico assistiamo dal suo punto di vista al dilagare dell’informazione che arriva ben presto alle orecchie del futuro sposo, il tutto si svolge come una comica e la scabrosità di quanto comunicato è espresso solo dai volti sbalorditi o maliziosi dei diversi personaggi.
C’è un evidente sbilanciamento nel cast, Marlene è circondata di attori di fama molto inferiore, e se Roland Young è esilarante nelle vesti del banchiere Giraud, il marinaio Robert La Tour, interpretato da Bruce Cabot, ricorda troppo Clark Gable, sia nella recitazione che nel look, per essere un degno coprotagonista di Marlene.
La Dietrich si trova per la prima volta alle prese con un ruolo di pura commedia e se la cava più che discretamente velando d’ironia le mossette ammaliatrici del suo personaggio mentre porta con la consueta classe i costumi fantasiosi e improbabili della pellicola.

TrailersFilmFest 2015: le votazioni per la miglior locandina e il miglior booktrailer

luglio 20, 2015

Imgtrailer Si sono aperti i due concorsi online per assegnare il Premio Miglior locandina italiana della stagione cinematografica 2014/2015 e il Premio Miglior Booktrailer 2015, iniziative uniche nel loro genere in Italia.
Si può votare online, in due differenti contesti, la locandina e il booktrailer più originali, accattivanti ed efficaci dal sito ufficiale del festival, www.trailersfilmfest.com scegliendo tra 15 locandine e 10 bootrailer finalisti.
L’art director della Miglior locandina e il regista del Miglior Boooktrailer saranno premiati in una delle serate del festival.

Le quindici locandine finaliste, con i rispettivi art directors o agenzie che le hanno realizzate e distribuzioni sono:

ANIME NERE
Art Director: Enrico Sartini – Elemental SRL
Distribuzione: Good Films

PEREZ.
Art Director: Luigi Ceccon
Distribuzione: Medusa

LA TRATTATIVA
Art Directors: Riccardo Fidenzi e Maurizio Ruben
Distribuzione: Bim

IL GIOVANE FAVOLOSO
Art Director: Patrizio Esposito
Distribuzione: 01 Distribution

ANDIAMO A QUEL PAESE
Art Director: Sally Mara
Distribuzione: Medusa

SI ACCETTANO MIRACOLI
Agenzia: Brivido & Sganascia
Distribuzione: 01 Distribution

IL NOME DEL FIGLIO
Agenzia: Brivido & Sganascia
Distribuzione: Lucky Red

HUNGRY HEARTS
Art Director: Justin Erickson
Distribuzione: 01 Distribution

SMOKINGS
Art Director: Daniele Catalli
Distribuzione: Indyca e I Wonder Pictures

VERGINE GIURATA
Agenzia: Over-Seas
Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà

SE DIO VUOLE
Agenzia: Aleteia Communication
Distribuzione: 01 Distribution

MIA MADRE
Art Directors: Riccardo Fidenzi e Maurizio Ruben
Distribuzione: 01 Distribution

IL RACCONTO DEI RACCONTI
Agenzia : Brivido & Sganascia
Distribuzione: 01 Distribution

YOUTH- LA GIOVINEZZA
Agenzia: Aleteia Communication
Distribuzione: Medusa

PITZA E DATTERI
Art Director: Ambra Aquari
Distribuzione: Bolero

Info
www.trailersfilmfest.com
info@trailersfilmfest.com

Ufficio Stampa
REGGI&SPIZZICHINO Communication
info@reggiespizzichino.com
www.reggiespizzichino.com

Il sesso nelle serie tv (fino all’obbrobrio di Outlander)

luglio 14, 2015

Cesareborgia Sono passati “solo” 9 anni da quando Roma, tipico period drama della HBO approdava su Rai2 e Giacobbo giustificava il perché e il per come certe scene forti fossero state rigirate per la televisione italiana, qualche anno dopo su Canale5 sbarcarono I Tudors e non ci fu più nessuna remora nel mostrare le disinibite avventure sessuali di Enrico VIII, almeno fino a Il Trono di Spade per cui si è formato un movimento d’opinione, soprattutto in America per l’uso piuttosto forte fatto del corpo femminile: molte scene di sesso e violenza hanno solo un valore di contorno e lo stupro di Samsa da parte di Ramsay Bolton (per altro non inquadrato ma solo suggerito) nei romanzi di George R. R. Martin non è presente. Personalmente ho avuto l’impressione che l’uso del sesso sia diminuito in quest’ultima stagione di GoT ma non sono mai stata particolarmente infastidita dalle scene esplicite delle serie citate o in quelle de I Borgia o anche Deadwood: mi sono sempre parse molto contestualizzate, racconti di un passato storico fatto di soprusi e ovvie collusioni sesso potere ancora presenti nell’epoca contemporanea.
Ho trovato invece infelice l’uso del sesso in Outlander, serie di grande successo che narra le avventure di un’infermiera della seconda guerra mondiale che toccando la pietra di un cerchio magico si ritrova catapultata nella Scozia del XVIII secolo tra mille (dis)avventure e l’incontro con il grande amore. La nostra eroina si ritrova sempre sull’orlo dello stupro, salvata all’ultimo minuto il più delle volte dal suo aitante Jamie Fraser e per quanto due o tre puntate di seguito si siano chiuse sulle sue gonne alzate con un certo fremito di noia da parte mia, ci potevo ancora stare, anzi quando era divisa tra l’amore per Jamie e il marito del XX secolo, avevo scomodato addirittura un parallelo con la serie di Angelica dove l’indomita eroina la dava praticamente a tutti pur di ritrovare il suo grande amore, il Conte di Peyrac.
Outlander Nelle ultime due puntate però Outlander è completamente sfuggito di mano ai suoi autori (non so quanto siano fedeli ai romanzi che credo non leggerò mai) Claire passa in secondo piano e il vero oggetto delle perverse attenzioni sessuali del perfido “Black Jack” Randall si scopre essere il povero Jamie, a cui vengono inflitte ogni sorta di torture: due mazzate (non martellate ma mazzate) su una mano che poi verrà pure inchiodata al tavolo e nel mezzo di queste schifezze gratuite il buon Randall pretende pure che il ragazzo si goda le gioie del sesso invece di subirle! Per quanto le scene di sesso avessero un tono molto patinato da film ammiccante anni ’80 il mio pensiero andava solo a quella povera mano martoriata e all’ambientazione perché nonostante la profusioni di raffinati chiaroscuri di luce, la notte d’amore (???) avviene sempre in una lercia cella di prigione con dei topi di fogna di mezzo metro che si smangiucchiavano l’aiutante di Randall ammazzato da Fraser e gettato in un angolo e se il richiamo voleva esser barocco direi che è fallito completamente, pare che invece i più apprezzino la composizione da Pietà (qualcuno scomoda addirittura Michelangelo!) della scena in foto.
Nelle ultime due puntate di Outlander, a parte l’incazzatura di un improvviso cambio di storyline (io pensavo che Claire tornasse nel suo tempo e Jamie la seguisse, del resto è lui l’uomo dell’identikit accusato di averla rapita a inizio stagione) mi è toccato sopportare il continuo altalenarsi di fastidio per la violenza troppo esplicita e inutile ai fini della vicenda e di risate per il ridicolo involontario in cui spesso scadeva questo eccesso. Ciliegina sulla torta la chiusa in cui il povero Jamie confessa di voler morire per aver provato piacere durante l’amplesso e lieto fine posticcio con Claire che si scopre incinta pur avendo sempre pensato di essere sterile, quindi si ribadisce l’inutilità delle scene di cui sopra perché non servono neppure a sdoganare l’omosessualità anzi il machismo latente è disgustoso: guarda che fine fa un uomo buono e comprensivo anche sessualmente con la compagna, meno male che alla fine la mette incinta!
Outlander sembra essere il frutto della tendenza sado maso sdoganata da 50 sfumature di grigio, che a quanto pare può provocare più danni di quanti si potesse immaginare, fosse solo in fatto di buon gusto. Io sbadiglio e continuo ad aspettare che il sesso venga raccontato solo come manifestazione gioiosa della vita, cosa che in Outlander c’è stata, senza poi doverla scontare con le pene dell’inferno, soprattutto per gli spettatori.

Addio a Omar Sharif

luglio 10, 2015

Omarsharif E’ mancato oggi Omar Sharif, al secolo  Michel Demitri Shalhoub nato ad Alessandria d’Egitto il 10 aprile 1932, attore di fama internazionale e sex symbol degli anni’60/’70 nonché grande giocatore di bridge a livello professionale.
Il debutto cinematografico avviene a ventun’anni nel film egiziano Siraa Fil-Wadi  (The Blazing Sun): Sharif diventa una stella della cinematografia egiziana, segnalo il film I giorni dell’amore (Goha) del 1958 diretto dal francese Jacques Baratier che ha per protagonista femminile la ventenne Claudia Cardinale.
Nel 1962 viene scelto per il ruolo di Ali ibn al-Kharīsh, lo sceicco sodale di Peter O’Toole protagonista di Lawrence d’Arabia, kolossal diretto da David Lean che vale al trentenne Omar Sharif due Golden Globe e una nomination agli Oscar, spalancandogli le porte per una carriera internazionale.
Nel 1954 gira tre film: il kolossal La caduta dell’impero romano  diretto da Anthony Mann, il film di guerra …e venne il giorno della vendetta di Fred Zinnemann e il film a episodi Una Rolls-Royce gialla  di Anthony Asquith: Omar Sharif interpreta il terzo episodio accanto a Ingrid Bergman, ricca americana che durante la Seconda Guerra Mondiale da un passaggio al partigiano jugoslavo Davich. Da jugoslavo a russo il passo è breve e in mezzo c’è il ruolo di protagonista in Gengis Khan il conquistatore (1965) di Henry Levin. Quello stesso anno David Lean lo richiama, stavolta come protagonista, per Il Dottor Zivago, tratto dall’omonimo romanzo di Boris Pasternak. La travagliata storia d’amore tra Yuri e Lara spopola ai botteghini e fa di Omar Sharif un idolo per tutte le donne. Personalmente condivido il giudizio dell’attore che non amava molto questa pellicola, trovandola troppo melensa, pur se gli fece vincere un altro Golden Globe.
Lawrencezivagofunnygirl Nel 1967 ritrova l’amico Peter O’Toole nel thriller di guerra La notte dei generali di Anatole Litvak: questa volta i due sono rivali e Sharif è un maggiore tedesco che deve indagare sull’omicidio di alcune prostitute di cui è sospettato Tanz, generale prediletto da Hitler.
Nello stesso anno l’attore è chiamato da Francesco Rosi per C’era una volta, racconto dell’amore tra una bella popolana (Sophia Loren) e un principe spagnolo, Rodrigo. E’ una pellicola fiabesca, che come l’omonimo film di Matteo Garrone, trae spunto da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile.
Nel 1968 interpreta Nick Arnstein il grande amore di Fanny Brice in Funny Girl. Il film diretto da William Wyler è un biopic romanzato su Fanny Brice, stella delle Ziegfeld Follies nonostante fosse bruttina ma dotata di un gran talento canoro e comico. Il film è tratto dall’omonimo musical del 1964 di cui era protagonista Barbra Streisand che con Funny Girl debutta sul grande schermo aggiudicandosi subito un Oscar come miglior attrice a pari merito con la Kate Hepburn di Indovina chi viene a cena?. Il film avrà un sequel nel 1974, Funny Lady che racconta l’amore della Brice per il compositore Billy Rose, Sharif partecipa sempre nel ruolo di Arnstein.
Nick Arnstein era un re dei tavoli da gioco, passione che lo accomuna all’attore che lo interpreta che si ritrovò spesso a girare film di poco spessore solo per ripianare i debiti di gioco. La passione di Sharif per il tavolo verde non è solo per l’azzardo, il bridge fu un vero lavoro a cui dedicò dei libri e un programma di gioco al computer.
Sempre nel 1968 in Mayerling, l’attore è anche l’Arciduca Rodolfo d’Austria che si suicida nel castello di Mayerling assieme all’amante Maria Vetsera interpretata da Catherine Deneuve,
MonsieurIbrahim Nel 1974 è protagonista del giallo di Blake Edwards Il seme del tamarindo, i due si ritrovano nel 1976 per La pantera rosa sfida l’ispettore Clouseau dove Omar Sharif interpreta un egiziano.
Per tutti g gli anni ’80 e ’90 l’attore vive di particine o telefilm e film per la tv, ruoli alimentari che sfruttano esclusivamente la sua fame e gli permettono di dedicarsi al bridge.
Torna a dedicarsi al cinema a partire dal 2003: Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano gli vale il Leone d’oro del pubblico a Venezia oltre al Leone d’oro alla carriera e un Cesar come miglior attore.
Torna a fare lo sceicco arabo che invita a partecipare l’americano  Frank T. Hopkins, celebre pony express (Viggo Mortensen) a una celebre gara di cavalli nel 1897 in Oceano di fuoco – Hidalgo. Nel 2006 gira il suo primo film recitato in presa diretta in italiano Fuoco su di me e viene scelto come doppiatore italiano del leone Aslan per il primo capitolo della saga de Le cronache di Narnia – Il leone, la strega e l’armadio.
Tra i suoi ultimi lavori ricordiamo Un castello in Italia, diretto da Valeria Bruni Tedeschi dove interpreta sé stesso.

Da Kirchner a Nolde, Espressionismo tedesco 1905-1913

luglio 9, 2015

Ultimi giorni per visitare la mostra genovese che approfondisce la corrente iniziale dell’Espressionismo tedesco, il gruppo Die Brücke (il Ponte) fondato a Dresda nel 1905 da Kirchner e Fritz Bleyl. Le opere provengono tutte dal museo Die Brücke di Berlino e riguardano gli esponenti che nel corso di meno di un decennio hanno orbitato attorno al movimento sciolto improvvisamente dallo stesso Kirchner nel 1913.

Da Kirchner a Nolde

Si possono riconoscere due fasi evolutive nell’esperienza di Die Brücke, una iniziale più legata alla pittura en plein air fatta di colori vivaci influenzata fortemente dalla pittura di Van Gogh e gli altri postimpressionisti (l’influenza pointilliste su Bleyl) e una seconda, che rispecchia le atmosfere più cupe della metropoli berlinese; in questa evoluzione si può leggere la parabola di quel decennio della Germania guglielmina, dalla potenza economica d’inizio secolo alla nazione che nel giro di un anno sarebbe entrata spavaldamente nel primo conflitto mondiale per uscirne ridimensionata ed impoverita.
L’esposizione dedica almeno una sala ai sei protagonisti principali del movimento pittorico, approfondendo il loro percorso artistico e accennando anche alle esperienze successive, spesso molto risicate a causa degli effetti psicologici della Grande Guerra e l’umiliazione di essere schedati nell’”Arte degenerata” ripudiata (e distrutta) dal Terzo Reich. L’unico ad avere ancora una carriera proficua dopo la Prima Guerra Mondiale sarà Emil Nolde.
Oltre Kirchner di cui spicca la celeberrima Marcella, la mia attenzione è stata colpita dalle opere di Max Pechstein, l’unico del gruppo ad avere una formazione prettamente pittorica, in particolare ho apprezzato Il cimitero Eliasfriedhof a Dresda (1906) e Peschereccio del 1913.

Il cimitero Eliasfriedhof a Dresda Max Pechstein

Di Erich Heckel si apprezza soprattutto l’uso del colore che l’artista userà anche nella grafica. Da segnalare sono Il giovane uomo e ragazza del 1909, La ragazza che suona il liuto del 1913 e Mare del nord del 1916.
Il Nolde di Die Brücke non è quello dei famosi fiori ma passa dai colori vivaci di Villeggianti (1911) al primitivismo angoloso e cupo di Figure esotiche del 1912.
Conclude la mostra un omaggio al cinema Espressionista tedesco, diretta figliazione degli omonimi movimenti pittorici, si possono vedere spezzoni di Die Puppe (La bambola di carne) di Ernst Lubitsch, Metropolis e M – Il mostro di Düsseldorf di Fritz Lang e Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene.

Da Kirchner a Nolde, Espressionismo tedesco 1905-1913
Dal 5 marzo al 12 luglio 2015
Palazzo Ducale
Genova

Leonardo Da Vinci

luglio 1, 2015

Leonardoloc.jog La mostra dedicata a Leonardo da Vinci è certamente ambiziosa: cercare di portare all’attenzione dello spettatore tutte le attitudini del genio leonardesco, dalla pittura alle invenzioni, inserendole nel dibattito artistico del suo tempo. Non è un’esposizione che vuole illustrare nuovi studi sull’artista piuttosto l’intento è quello di eliminare tutta la patina fantastica che il successo del romanzo di Dan Brown ha ammantato sulla figura del geniale fiorentino, rincarata anche dalla serie Da Vinci’s Demons che confesso di seguire con molto divertimento.
Se la vostra passione per Ser Leonardo arriva da questi stimoli, la mostra probabilmente non fa per voi ma se siete pronti a immergervi nel contesto storico e scientifico in cui si muove l’artista potreste rimanere ancora più ammirati dalla poliedricità del suo ingegno.
Grazie proprio ai molteplici talenti di Leonardo, l’esposizione diventa uno spaccato storico dei fermenti culturali del secondo quattrocento fiorentino ed italiano in quanto le opere di Leonardo vengono confrontate con quelle dei suoi contemporanei: oltre i maestri e gli allievi in mostra ci sono, tra gli altri, Botticelli e Antonello da Messina; il confronto si allarga anche ad opere antiche a cui il Rinascimento si rifà esplicitamente. I disegni di macchine o di altri studi, che siano architettonici o anatomici vengono confrontati con le conoscenze del periodo, particolarmente con testi tradotti visto che Leonardo aveva una conoscenza approssimativa del latino.
Le opere pittoriche in mostra sono sei, tra queste spicca La Belle Ferronnière, da sempre la mia opera preferita di Leonardo. Anche questo quadro è un capolavoro di illusione pittorica che, grazie alle velature, cambia a seconda della distanza da cui si guarda il dipinto, come il celeberrimo sorriso della Gioconda, che si sperava potesse arrivare a Milano per l’occasione.
L’assenza dell’opera più famosa di Leonardo è sopperita dall’ultima sezione che ne ripropone il mito con tre Monna Lisa nude in mostra permanente a Vinci e reinterpretazioni di celebri artisti come la Gioconda in white di Warhol, la Mona Lisa di Enrico Baj, e ovviamente un ready-made di Duchamp.

Leonardo Da Vinci 1452-1519
Milano, Palazzo Reale, Piazza Duomo
dal 16 aprile al 19 luglio, 2015