Posts Tagged ‘Clint Eastwood’

La notte brava del soldato Jonathan

dicembre 23, 2018

The Beguiled
Universal – Malpaso 1971
con Clint Eastwood, Geraldine Page, Elizabeth Hartman, Jo Ann Harris, Mae Mercer, Pamelyn Ferdin, Darleen Carr
regia di Don Siegel


TheBeguiled


Amy, ragazzina tredicenne di un collegio femminile, trova nel bosco un soldato nordista gravemente ferito e lo porta al convitto. Inizialmente la direttrice, Miss  Farnsworth vorrebbe consegnarlo immediatamente alle pattuglie sudiste ma decide di curarlo prima di lasciarlo all’esercito confederato. In brevissimo tempo il fascinoso caporale nordista riesce a instaurare legami molto stretti con gran parte delle donne ma la situazione gli sfuggirà di mano e la vendetta delle donne sarà terribile…



Lanotte brava del soldato jonathan


Un capolavoro dimenticato di Don Siegel riportato in auge dal remake (a quanto dicono dimenticabile) di Sofia Coppola. Il regista sa costruire un film gotico, un horror d’atmosfera dove la tensione sessuale è sempre latente per sfociare in gesti di violenza inaudita sul soldato oggetto delle attenzioni femminili, l’ingannato del titolo che si crede in grado di gestire le complicate dinamiche di un collegio femminile e che pagherà molto caro il suo errore di valutazione.



Thebeguilded


La sessualità è declinata in diversi aspetti, dall’incesto a sfiorare la pedofilia, passando per le fantasie morbose con venature blasfeme: un rapporto a tre che si conclude come la Pietà a cui è devota Miss Farnsworth, sequenza che probabilmente è lo spunto per il titolo italiano dagli intenti pruriginosi.



The beguiled


Quello che il caporale McBee considera un rifugio dalla furia della guerra è in realtà un covo di vipere o meglio di mantidi che non esitano a sacrificare il maschio a maggior ragione se non si piega ai loro scopi: la direttrice Martha Farnsworth vive ancora nel ricordo dell’incestuoso amore per il fratello scomparso, forse ucciso dalla schiava Hallie, come lascia intuire un veloce flashback; la lolita Carol fa di tutto per sedurre l’aitante soldato, riuscendoci e scatenando l’ira della virginale insegnante Edwina che gettando McBee giù dalle scale lo consegna alla vendetta ancor più crudele della direttrice che si era a sua volta offerta al soldato.



La notte brava delsoldato jonathan


L’atmosfera di calma apparente è resa con perizia tecnica dal regista con l’uso di immagini simboliche e anticipatrici (il corvo legato) e soprattutto nell’uso della macchina da presa a partire dal vorticoso movimento di macchina della soggettiva di McBee davanti al cancello del convitto, all’uso di dissolvenze; i flash back e la voce off rivelano le bugie, l’odio e il rancore covati dai diversi personaggi e quando il soldato per vendicarsi dell’amputazione svela i segreti delle donne con cui si è relazionato, la direttrice ne decreta la morte manipolando la piccola Amy, anche lei sedotta da un bacio che il soldato le aveva dato nel bosco per zittirla al passaggio della pattuglia sudista.

Lady Godiva

febbraio 10, 2018

Lady Godiva of Coventry
USA 1955 Universal Pictures
con Maureen O’Hara, George Nader, Victor McLaglen, Rex Reason, Torin Thatcher, Eduard Franz, Leslie Bradley, Robert Warwick, Arthur Gould-Porter
regia di Arthur Lubin



LadyGodiva


Nell’Inghilterra dell’XI secolo divisa dalle lotte intestine tra sassoni e normanni, Lord Lefric finisce in galera perché rifiuta di sposare una nobildonna normanna come vorrebbe il re. In prigione incontra Godiva, sorella dello sceriffo, bella e battagliera più amica dei galeotti che dei nobili: amore a prima vista coronato dal matrimonio. Godiva si rivela particolarmente intelligente: convince il marito a rappacificarsi con Lord Godwin e conquista anche il benvolere del re finendo vittima dell’odio della fazione normanna. Accusata di tradimento, Lady Godiva accetta di cavalcare nuda per le vie di Coventry certa dell’amore del suo popolo che la rispetterà, come puntualmente avviene, portando i normanni a svelare le loro intenzioni contro il regno d’Inghilterra.


Ladygodivaofcoventryjpg


Film di poco conto con una fantasiosa rilettura storica della leggenda di Lady Godiva farcita da lambiccati intrighi politici che appesantiscono inutilmente la storia, nel tentativo di aumentare l’attesa del momento topico: la famosa cavalcata nuda, che si rivela castissima, essendo un film del 1955. L’unico motivo d’interesse è l’interpretazione di Maureen O’Hara la rossa irlandese si dimostra quanto mai volitiva: la sua apparizione inattesa nella prigione lascia il segno. I colori vivaci dei suoi costumi, la foltissima chioma e il carattere indipendente mi fanno pensare che la sua Godiva sia un modello di riferimento per le principesse Disney contemporanee.


Lady godiva


Altro motivo per cui il film è ricordato è quello di contenere una delle prime apparizioni di Clint Eastwood, credo fosse suo terzo film non accreditato, in sostanza pochissime pose senza dialoghi.


ClintLadyGodiva


Più interessante ricordare che l’espressione Peeping Tom nasce proprio dalla leggenda di Lady Godiva, e nel film si mostra il contandino Tom che non resiste alla curiosità di sbirciare ma viene punito Grimald che lo acceca con una torcia, scena mostrata in soggettiva dal punto di vista di Tom, unico vezzo autoriale in una pellicola trascurabile.

Dunkirk ***vos***

settembre 12, 2017

Il film corale di Christopher Nolan sull’Operazione Dynamo, ovvero l’evacuazione da Dunkerque dell’esercito inglese sconfitto dall’inarrestabile marcia tedesca del maggio 1940 che a metà giugno occuperà Parigi, è un film molto bello ma come spesso mi capita con i film di Nolan, non lo trovo un capolavoro.



Dunkirk


Dunkirk è inappuntabile da un punto di vista tecnico dalla composizione dell’immagine all’uso della colonna sonora, una partitura diversa per ogni linea narrativa strutturata secondo un canone ascendente che sottolinea l’ansia crescente del plot.
Come è risaputo il film alterna tre linee narrative: “di cielo, di terra e di mare” come diceva qualcuno una settimana dopo l’operazione Dynamo portando l’Italia in guerra, i tre livelli narrativi s’intrecciano nonostante la differenza temporale: l’attesa dei soldati sul molo dura una settimana, l’attraversamento della Manica da parte delle imbarcazioni private inglesi per andarsi a riprendere i soldati dura un giorno, l’operazione di copertura dei tre aerei Spitfire dura un’ora. L’intreccio delle tre linee temporali diverse funziona benissimo ma la cosa non mi stupisce più di tanto: la destrutturazione temporale è una nota caratteristica della teoretica del regista inglese e mi pare che abbia affrontato combinazioni spazio-temporali anche più azzardate in opere precedenti (ammetto di non essermi mai ripresa dalla montagna di cappelli di The Prestige).


Dunkirkstylesbarnardwhitehead


Quello che non mi convince troppo di Dunkirk è il “messaggio”: non sono certo l’unica a trovare una latente esaltazione della Brexit nella storia narrata e certo non ci sarebbe nulla di male ad essere probrexit, per altro non ritengo che la figura del soldato francese sia così negativa, l’ho letta più come un’esaltazione dell’individualismo: Gibson non si accontenta di fingersi inglese, sarà sempre all’erta e non per paura di essere riconosciuto ma perché è cosciente che il pericolo è sempre in agguato ed ecco il perché del suo viaggio fuori dalla stiva dell’incrociatore nonostante la fame; la sua scelta lungimirante gli permetterà di aprire lo sportello e salvare moltissimi soldati riscattandosi così la sua “codardia” che lo ha portato a scappare dalla Francia.


Dunkirkrylancemurphy


Quello che veramente non ho sopportato è l’eccesso di retorica nella lacrima del roccioso comandante Bolton alla vista dell’arrivo delle imbarcazioni, commozione comprensibile e contagiosa ma sorge una domanda: una scena così l’avremmo accettata dal repubblicano Clint Eastwood che nel trattare la guerra si è sempre dimostrato molto più equilibrato e critico dell’osannato Nolan?


Dunkirkdarcybranagh


Ho visto il film domenica scorsa al Palazzo del Cinema appena inaugurato a Milano e l’esperienza non è stata così entusiasmante come mi aspettavo. solo per dire la cosa più grave il pubblico che entrava a film già abbondantemente iniziato, più o meno fino a quando Gibson sotterra il soldato a cui ha rubato la divisa: se solo gli ingressi non si fossero trovati di lato allo schermo!
Spero solo che si tratti di qualche inconveniente dovuto all’impaccio iniziale, sarebbe un peccato che un’iniziativa così lodevole e di successo cadesse sulle solite disattenzioni verso il pubblico delle sale cinematografiche.

Il condominio dei cuori infranti

aprile 4, 2016

 Condominiocuoriinfranti

Nello sgangherato casermone di una banlieue francese non meglio identificata, l’avaro inquilino del primo piano rifiuta di partecipare alle spese per cambiare l’ascensore: finirà temporaneamente sulla sedia a rotelle costretto a infrangere la regola di non usare mai l’ascensore che non ha voluto pagare uscendo solo di notte e incontrando così un’infermiera che gli farà battere il cuore; intanto un adolescente troppo solo fa amicizia con la nuova vicina di casa che scopre essere un’attrice in declino e un bel giorno sul tetto del palazzo atterra per sbaglio una capsula della Nasa con a bordo un astronauta di ritorno da un amissione spaziale che trova ospitalità presso una vedova algerina il cui figlio è in prigione..


Tratto dai racconti autobiografici del regista Samuel Benchetrit, Il condominio dei cuori infranti è un film dolceamaro dove la solitudine di sei vite s’incontrano in un crescendo di surrealtà che culmina nell’arrivo dell’astronauta John McKenzie costretto a restare presso la signora Hamida perché la Nasa non può rivelare di aver perso il suo astronauta pena il taglio dei fondi. Anche gli altri incontri nascono da costrizioni: il giovane Charly aiuta la vicina a rientare in casa dopo che lei si è chiusa fuori e resta affascinato dalla sua attività, Sternkowitz ,costretto a nutrirsi ai distributori automatici del vicino ospedale perché impossibilitato ad uscire di giorno, incontra l’infermiera che cerca di sedurre imitando goffamente Clint Eastwood ne I ponti di Madison County, ancora il cinema è l’elemento che salda il legame tra Charly e Jeanne che vedono insieme “La donna senza braccia” con questo titolo vengono spaciati alcuni frammenti de La Merlettaia interpretato nel 1978 sempre da Isabelle Huppert. Il legame tra John e Hamida è rinsaldato invece dalla soap opera Beautiful: come in Caro Diario di Nanni Moretti, l’americano ha già visto gli episodi e svela i colpi di scena.
Filo conduttore delle tre vicende il tema della caduta, fisica per Sternkowitz, lavorativa per Jeanne e letteralmente dal cielo per John, tre cadute che però portano a una rinascita, a un nuovo legame umano che segna la vita dei protagonisti donando loro un senso di speranza, messaggio che investe totalmente anche lo spettatore.

William A.Wellman

febbraio 29, 2016

Williamwellman

William Augustus Wellman nasce il 29 febbraio 1896 a  Brookline nel Massachusetts da una famiglia che discende dai Padri Fondatori e da un firmatario della Dichiarazione d’Indipendanza ma il giovane Bill è uno scavezzacollo che finisce per essere espluso da scuola e fare diversi mestieri per mantenersi.
Douglas Fairbanks lo nota durante uno spettacolo teatrale e gli suggerisce di fare l’attore ma il giovane Wellman preferisce andare volontario nella Prima Guerra Mondiale per poter coronare il proprio sogno: diventare aviatore. Si distingue per il suo coraggio in battaglia e riceve la Croce di Guerra ma viene abbattuto dalla contraerea tedesca ed è costretto a tornare in patria per diventare addestratore di volo in California dove incontra nuovamente Fairbanks e si lascia convincere a recitare.
Debutta in The Knickerbocker Buckaroo del 1919 ma quello dell’attore è un mestiere che Wellman ben presto inizia ad odiare mentre è sempre più attrato dalla macchina da presa. Già nel 1920 debutta come regista non accreditato per la Fox in The Twins of Suffering Creek.
Il debutto accreditato dietro la cinepresa è del 1923 in ben due film che gira nello stesso giorno: The Man Who Won e Second Hand Love: la rapidità nelle riprese resterà una caratteristica peculiare della sua carriera.
Wellmanwingsbison-ashx Nel 1927 gira Ali (Wings) la storia di due aviatori rivali in amore che diventano amici al fronte. L’opera è muta e sonorizzata in un secondo tempo, nel 1929.
Ali è stato il primo film a vincere, insieme ad Aurora di F.W.Murnau, la prima edizione degli Oscar del 1929 come miglior produzione categoria che poi si sarebbe trasformata in quella del miglior film.
E’ stato anche il primo film a mostrare il bacio (fraterno!) tra due uomini e ad introdurre la nudità: si vede la visita medica di un arrualamento e fa capolino il seno nudo della protagonista Clara Bow, sex symbol dell’epoca.
Il primato più importante di Ali è però quello di aver inventato un nuovo genere quello dei film di guerra con battaglie aeree, cui appartiene il film di Howard Hughes, Gli angeli dell’inferno, di cui ci ha raccontato Martin Scorsese in The Aviator.
Scorsese è un grande ammiratore di Wellman, regista che viene considerato solo un abile artigiano, e sostiene che il suo primo gangster movie Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno trova anche ispirazione nel celeberrimo lavoro di Wellman del 1931, Nemico Pubblico, film di cui restano ancora oggi memorabili alcune scene, come quella di James Cagney che spreme mezzo pompelmo sulla faccia della fidanzata.
Nemicopubblico

Molto attivo per tutti gli anni ’30, Wellman spazia nei diversi generi: dall’avventura de Il richiamo della foresta (1935) con Clark Gable, ispirato molto liberamente al romanzo di Jack London, alla commedia sofisticata (e cinica) Nulla sul serio del 1937 in cui un reporter (Fredric March) segue il caso di una ragazza (Carole Lombard) che sta per morire per avvelenamento da radio ma la ragazza sta benissimo e finge la malattia solo per godersi New York spesata dal giornale.
Sempre del 1937 è il film che valse a Wellman l’unico Oscar per la miglior sceneggiatura originale di E’ nata una stella (ispirata al film di Cukor del 1932, A che prezzo Hollywood?). La pellicola vanta due remake, quella di George Cukor del 1954 con Judy Garland e quella del 1976 con Barbra Streisand diretta da Frank Pierson.
Wellman30

Se il film sulla legione straniera Beau Geste del 1939 con Gary Cooper, che aveva avuto un piccolo ruolo anche in Ali, è ancora noto, quasi misconosciuta è diventata la pellicola del 1942 interpretata da Ginger Roger Adolphe Menjou e George Montgomery, Condannatemi se vi riesce!, commedia satirica sullo showbiz, adattamento di una commedia alla base anche del musical Chicago. Secondo imdb era tra i film preferiti di Kubrick.
Il capolavoro di Wellman arriva nel 1943, con Alba fatale, un western realistico contro il linciaggio che secondo wikipedia è tra i favoriti di Clint Eastwood (vedi un po’ ‘sti artigiani del cinema..).
Seguono una serie di film di guerra tra cui spiccano I forzati della gloria del 1945, Bastogne (1949), Prigionieri del cielo del 1954 che gli vale una nomination per la miglior regia, alternati a western come Cielo Giallo con Gregory Peck del 1948 e il particolarissimo Donne verso l’ignoto che racconta di una carovana di donne che da Chicago vanno a raggiungere i pionieri nel West per sposarsi con loro. Un film epico girato tutti in esterni che racconta la conquista del West attraverso la figura femminile, coraggiosa e indomita tanto quanto gli uomini che l’ha preceduta.
Wellmanwestern

Wellman si ritira dalle scene del 1958 con un ultimo film di battaglie aeree della Prima Guerra Mondiale, La squadriglia Lafayette.
Si spenge il 9 dicembre 1975.

Auguri a Clint Eastwood

Maggio 31, 2015

Nato il 31 maggio 1930 a San Francisco, Clint Eastwood esordisce nei b-movie horror degli anni ‘50, ma e’ in Italia che trova il successo, alla corte di Sergio Leone che fa di questo attore con due sole espressioni, col sigaro e senza, il feticcio dei suoi film che inventarono un nuovo genere, lo spaghetti western.

Trilogia2

Eastwood incontra poi Don Siegel che lo trasforma in Dirty Harry, uno dei poliziotti piu’ cattivi della storia del cinema che da vita alla fortunata serie de L’ispettore Callaghan, cinque film in 17 anni e il penultimo, Coraggio… fatti ammazzare (Sudden Impact) del 1983 è diretto dallo stesso Eastwood.

Clintcallaghan2

Nel 1971 Clint Eastwood fonda la sua casa di produzione, la Malapaso e si cimenta con la macchina da presa girando Brivido nella notte, e’ l’inizio di una nuova carriera mantenutasi sempre su buoni livelli, che e’ arrivata anche a vette altissime.
Eastwood diventa il cantore dell’America suburbana e provinciale, narrando storie marginali che sanno pero’ ben rappresentare i malesseri piu’ profondi della nostra societa’ come dimostrano gli ultimi grandi lavori MYstic River e Million Dollar Baby definitive conferme dell’immensa statura morale del regista.
Personalmente della filmografia eastmaniana porto nel cuore tre titoli tra tutti: Un Mondo Perfetto, I Ponti di Madison County e Million Dollar Baby, certa che il grande Clint sapra’ darci ancora grandissime emozioni e spunti di riflessione.

Clintpreferiti2


31.05.2015

Grantorino

Al giro di boa degli 85 anni di Clint Eastwood dopo posso confermare la facile intuizione che il regista sia stato un pilastro della cinematografia dell’ultimo decennio tanto che spesso si è parlato di lui come moral guidance e il capolavoro Gran Torino del 2008 ne è il più fulgido esempio (va arricchire l’elenco dei miei film eastwoodiani preferiti) ma il grande Clint ha saputo anche far discutere affrontando la battaglia di Iwo Jima da due punti di vista diversi, quello americano in Flags of Our Fathers e quello giapponese in Letters from Iwo Jima, entrambi del 2006.
Si è dedicato ai biopic con intenzioni ed esiti molto differenti, dall’omaggio a Mandela d’Invictus – L’invincibile, all’analisi del controverso capo dell’FBI in J. Edgar, fino a Jersey Boy, ispirato ad un musical.
Ha affrontato un tema delicato come quello della morte in Hereafter (2010) e la sua ultima fatica (che non ho ancora visto) American Sniper ha acceso notevolmente gli animi.
Il vecchio pistolero sa sempre lasciare il segno.

Jersey Boy

luglio 2, 2014

Jerseyboy Nel New Jersey dei tardi anni ’50, Tommy e Frankie, amici per la pelle, vivacchiano tra furtarelli e sogni di gloria musicale: del resto al voce di Frankie incanta anche il boss Gip De Carlo. Il successo arriva con l’ingresso nella band di un nuovo elemento, Bob Gaudio, ma all’interno del gruppo mutano gli equilibri: Frankie e Bob prendono la musica molto seriamente a differenza di Tommy che con il suo atteggiamento superficiale porterà il gruppo alla rovina..

Il caro vecchio Clint, fautore del cinema classico per antonomasia ci stupisce con questo ultimo lavoro ispirato a un musical di Broadway che narra l’avventura musicale dei Four Season.
Anche se la vena malinconica per i bei tempi andati, come racconta l’eloquentissimo sguardo segnato di Frankie Valli alla reunion alla Hall of Fame, è molto forte, Eastwood firma una pellicola all’insegna della leggerezza (si può dire che le boy band non sono nate oggi) e anche dell’innovazione stilistica con i componenti della band che parlano direttamente in macchina e narrano la loro epopea, escamotage che pare venire dal musical originale e che regala alla vicenda un’alone mitico con le diverse versioni dei protagonisti. Tutti raccontano, tranne Frankie Valli che con la macchina da presa si confida solo nel finale.
Tra gangster paterni che aiutano gli aspiranti cantanti e poliziotti che chiamano per nome i ragazzi del quartiere, il regista sembra aver lasciato in disparte il suo alto senso morale che invece emerge nel senso di lealtà per gli amici che non vanno abbandonati, i debiti che vanno saldati a qualunque costo, anche a discapito della famiglia come si renderà amaramente conto Frankie. Il successo, il denaro, la famiglia niente vale la spensierata innocenza della giovinezza e Clint Eastwood lo sottolinea ulteriormente riprendendo in tv se stesso agli esordi televisi.

Addio a James Gandolfini

giugno 20, 2013

Jamesgandofini Grandi testimonianze d’affetto per la scomparsa improvvisa di James Gandofini, avvenuta ieri a Roma alla prematura età di 51 anni. L’attore, nato a Westwood, nel New Jersey, il 18 settembre 1961 è giustamente ricordato per la serie di successo I Soprano dove interpretava il padrino della famiglia malavitosa del New Jersey, Tony.
Ma la carriera di Gandofini non si limita alla celeberrima serie televisiva e in circa 25 anni di carriera l’attore italo americano ha lasciato il segno in molte pellicole cinematografiche confermandosi un grande caratterista forse più nel ruolo dell’agente di polizia che in quello di malavitoso, ferme restando le origini italo americane.
Dopo alcuni ruoli non accreditati, nel 1992 Gandolfini è scelto da Sidney Lumet per il poliziesco Un’estranea tra noi che ha per protagonista la star del momento, Melanie Griffith.
L’anno successivo è Virgil, il killer che la grintosa Alabama manda a fuoco con lo spray in Una vita al massimo del compianto Tony Scott che lo aveva già diretto in un piccolo ruolo non accreditato nel 1991, in L’ultimo boyscout – Missione sopravvivere.
In Angie – Una donna tutta sola ha il suo primo ruolo da comprimario: è Vinnie, lo storico fidanzato che Angie (Geena Davis) decide di lasciare per il nuovo amore che però non andrà a buon fine.
Terza partecipazione a un film di Tony Scott nel 1995 nei panni del tenente Bobby Dougherty in Allarme rosso, teso film d’azione a bordo di sottomarino nucleare. Nello stesso anno James Gandolfini partecipa al divertente Get Shorty di Barry Sonnenfeld che ha per protagonista John Travolta.
Ancora per Sidney Lumet è tra i protagonisti di Prove apparenti del ‘96 dove interpreta Joe Allegretto, l’agente di polizia suicida per sospetta collusione malavitosa.
Gandolfini ha anche un ruolo in She’s So Lovely – Così carina il film che Nick Cassavetes ha girato nel 1997 su una sceneggiatura mai realizzata del padre John; nello stesso anno è il tenace agente di polizia Willie Woody Dumas sulle tracce di Perdita Durango e il suo amante Romeo Dolorosa nel delirante e censuratissimo Perdita Durango di Álex de la Iglesia.
Sempre nel ‘97 ha un cameo non accreditato in Mezzanotte nel giardino del bene e del male per la regia di Clint Eastwood.
Nel 1998 Gandolfini compare anche nel thriller sovrannaturale di Gregory Hoblit Il tocco del male nei panni di uno degli detective colleghi del protagonista John Hobbes (Denzel Washington) e anche a lui tocca cantare il brano preferito dal demone Azazel, Time Is on My Side dei Rolling Stones.
L’ultimo ruolo prima di iniziare l’avventura gloriosa de I soprano è la partecipazione a 8MM – Delitto a luci rosse di Joel Schumacher.
Torna al cinema nel 2001 con tre film: veste i panni del (presunto?) Leroy che si mette tra la coppia di fidanzatini (Brat Pitt e Julia Roberts) sulle tracce di un’antica pistola in The mexican di Gore Verbinski; è “Big Dave” Brewster, amico e amante della moglie di Ed Crane, il protagonista de L’uomo che non c’era dei Fratelli Cohen e interpreta il rigido colonnello Winter che dirige il carcere militare di massima sicurezza dove viene rinchiuso l’eroico Generale Irwin (Robert Redford). Le due personalità opposte divideranno in due fazioni il carcere ne Il castello di Rod Lurie.
Il primo ruolo da protagonista glielo offre John Turturro nella sua terza regia, la commedia romantica/musicale Romance & Cigarettes del 2005 incentrata sul dilemma di un operaio diviso tra moglie ed amante.
Nel 2006 è co-protagonista con John Travolta del noir di Todd Robinson, Lonely Hearts
Dopo i cachet strabilianti dell’ultima stagione de I soprano (un milione di dollari a puntata) Gandolfini si è limitato a comparsate di lusso come quella del sindaco di New York in Pelham 123 – Ostaggi in metropolitana di Tony Scott; ha dato la voce a Carol ne Nel paese delle creature selvagge, ha partecipato a Cogan – Killing Them Softly di Andrew Dominik, è stato il capo della Cia Leon Panetta in Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow.

Django

febbraio 20, 2013

Italia 1966
con Franco Nero, Loredana Nusciak, José Bódalo, Eduardo Fajardo
regia di Sergio Corbucci

Alla fine della Guerra di Secessione, Django, tirandosi dietro una bara, torna a casa sua, vicino al confine messicano. Lo spinge il desiderio di vendicare la morte della moglie per colpa del Maggiore Jackson. Con l’aiuto di una banda di ribelli messicani ruba l’oro di Jackson e, accecato dalla brama di denaro, dimentica il suo proposito di vendetta ma sconterà la sua colpa e porterà a termine la sua missione.

Django

Sull’onda del successo della trilogia del dollaro di Sergio Leone, iniziata nel 1964, Corbucci rielabora la materia western in maniera piuttosto diversa dall’illustre predecessore. Se il western di Leone è una terra dura e scabra, dalla fotografia iperrealista, il western di Corbucci è fatto di fango, quello della strada del villaggio fino a quello delle sabbie mobili in cui finisce l’oro di Jackson.
L’atmosfera del film è sempre spettrale e sospesa a partire da quella bara che il protagonista si tira dietro in ogni dove. I toni più caldi della fotografia, i colori accessi e un po’ assurdi delle prostitute del saloon hanno un sapore quasi fellininano, più che derivare dal modello di Sergio Leone.
Notevole il gusto della composizione: d’impatto la macchina da presa che rotea in soggettiva durante la rissa al saloon e si segnala l’immagine finale nel cimitero di Tumbstone tra croci sbilenche e rami di alberi contorti, una sinfonia in marrone dove spicca il rosso del manico della pistola incastrata nei ghirigori di una croce di ferro.
Franco Nero è sicuramente un epigono di Clint Eastwood, e un tassello fondamentale in quella schiera di biondi dagli occhi di ghiaccio che partendo da Clint termina con Terence Hill: in Django c’è già la sottolineatura sonora delle scazzottate che diventerà il marchio di fabbrica del duo Bud Spencer e Terence Hill.
Non ci si può esimere dal confronto tra il Django originale del 1966 e l’omaggio tarantiniano di Django Unchained che (fortunatamente) sta spopolando al botteghino. Le due trame hanno ben poco in comune, Tarantino cita espressamente l’incipit che inquadra solo i passi del protagonista e l’arrivo in paese con la prostituta alla finestra. La tematica del razzismo invece è presente anche nel film del 1966 con la banda di Jackson che gira con inquietanti cappucci rossi, cambia l’oggetto dell’odio razziale: i messicani al posto dei neri.

Million Dollar Baby

luglio 10, 2012

Million_dollar_baby USA 2004 Malpaso Productions
con Clint Eastwood, Hilary Swank, Morgan Freeman
regia di Clint Eastwood

Frankie Dunn fa l’allenatore di pugili, con scarso successo perche’ nutre un forte istinto di protezione verso i suoi atleti, alle spalle ha una famiglia fallita (regolarmente gli tornano indietro le lettere inviate alla figlia lontana) e l’unica sua ragione di vita e’ la modesta palestra che manda avanti assieme a Scrap, un vecchio pugile di colore a cui lo sport e’ costato un occhio. Un giorno incontra Maggie Fitzgerald una ragazza che si e’ messa in testa di diventare professionista nonostante abbia gia’ piu’ di trent’anni e vuole farsi allenare da lui, Frankie inizialmente rifiuta ma poi rimane colpito dalla testardaggine della ragazza; inizia cosi’ un’ avventura sportiva e la ricostruzione di un affetto familiare.

Il vecchio leone Clint ci regala un’altra zampata delle sue con un finale in grado di scartavetrare il cuore, in un film che in realta’ non parla ne’ di boxe ne’ tanto meno di eutanasia (alla fine della storia uno dei tre protagonisti non potra’ sopravvivere se non grazie alle macchine e chiedera’ ad uno dei suoi amici di aiutarlo a morire) ma e’ paradigmatico di questa nostra societa’.
La boxe e’ l’unica possibilita’ di fuga da una realta’ squallida per la gente dei bassifondi, dove il rispetto di se stessi va strappato agli altri al prezzo del proprio dolore, ma oltre che una denuncia sociale per Eastwood il pugilato diventa il modo per ridefinire i termini del sogno americano: in questa societa’ che vuole tutto e subito senza sforzi, il regista osa spostare il limite da fatica e sudore alle lacrime e sangue di churchilliana memoria e sottolinea che dopo aver sputato l’anima non c’e’ la certezza di riuscire, ma solo il diritto ad avere un’occasione.
E quella battuta “comprati una casa senza il mutuo” che parrebbe solo il pretesto per mettere in scena la disgraziata famiglia di Maggie, ha un significato ben piu’ profondo se si pensa che ogni cittadino americano, per l’uso smodato del pagamento rateale, paga interessi altissimi limitando cosi’ il proprio potere d’acquisto.
La grandezza morale di Clint Eastwood e’ tale da permettergli di analizzare in maniera delicata, ma senza ipocrisia, il tema dell’accanimento terapeutico e l’assurdita’ del fanatismo religioso, portando in scena un uomo che da ventitre’ anni va a messa quotidianamente, ma con altrettanta frequenza indispettisce il parroco con i suoi dubbi sulla Trinita’ o l’Immacolata Concezione.
La regia e’ scabra, totalmente al servizio della storia. In scena ci sono tre mostri sacri come Clint Eastwood in un’interpretazione intensissima e Morgan Freeman voce narrante della vicenda e spalla ideale al burbero Frankie, personaggio di con quale crea gustosi siparietti di umanissima cattiveria. Poi c’e Hilary Swank, in stato di grazia come in Boys don’t cry, piu’ che la trasformazione fisica sono da segnalare le occhiate di sbieco che il suo personaggio lancia, nella parte finale del film, al suo allenatore: non lo perde di vista un attimo ed in questo modo materializza il legame che affettivo che si e’ creato tra i due.
Per quest’opera Eastwood ha scritto anche le musiche (il suo amore per il jazz e’ testimoniato anche da Bird il film che ha dedicato a Charlie Parker) ma i passaggi che piu’ mi hanno colpito, montati su intensi primi piani, hanno reminiscenze chapliniane.

Recensione pubblicata a suo tempo su ImpattoSonoro