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Il Simbolismo

giugno 1, 2016

Simbolismoloc

Chiuderà domenica 5 giugno la mostra milanese sul movimento artistico che si sviluppa nell’ultimo quarto del XIX secolo.
Il simbolismo ha i suoi prodromi nell’opera poetica e critica di Charles Baudelaire, il primo ad avvertire la crisi del pensiero positivista che ha permeato buona parte del’800 a partire dalla rivoluzione industriale. Sul finire del secolo le certezze positiviste vengono minate dalle scoperte darwinane che tolgono all’uomo il primato e l’imprimatur divino, il negativismo filosofico di Nietzsche e Schopenhauer e l’affermazione del ruolo fondamentale dell’inconscio che emerge dagli studi di Freud.
AutoritrattoAlbertoMartini

Questi scossoni scientifici si riversano sull’arte e se per lungo tempo il simbolismo è stata considerata un’esperienza artistica di ambito franco-belga, la mostra milanese dimostra che il movimento, nelle sue varie declinazioni ha avuto dimensioni ben più vaste e indaga con maggiore attenzione il simbolismo italiano, forse un poco più tardo ma con esiti notevoli e mettendo in luce anche artisti poco conosciuti come Alberto Martini a cui è dedicata un’intera sezione con il suo autoritratto e diversi disegni tratti dalla serie de La Parabola dei Celibi e da quella ispirata ai racconti di Edgar Allan Poe. Anche Attilio Mussino, Attilio Bonazza, Pompeo Mariani,Francesco Lojacono, Cesare Laurenti, Cesare Saccaggi e Domenico Baccarini dimostrano tutta la vitalità della stagione simbolista italiana.
La donna è sicuramente la figura centrale del movimento simbolista che la esalta nel suo duplice aspetto di tentatrice voluttuosa e demoniaca e più che alle due versioni de Il peccato di Franz von Stuck penso all’inquietante Donna serpente di Achille Calzi, opposta alla forza generatrice del femminile rappresentato da Segantini o Bistolfi.
Carezze (L’Arte) di Fernand Khnopff, che campeggia sulla locandina, ben racchiude il duplice femminino; il quadro è esposto in Italia per la prima volta.
La tentazione femminile è ovviamente rivolta alla voluttà dell’eros che i simbolisti coniugano sempre con thanatos come dimostra La Sirena di Giulio Aristide Sartorio: il vigoroso e sensuale gesto del pescatore verso la bianca e abbandonata figura femminile trova soluzione nell’angolo sinistro del quadro, dove giacciono le ossa di chi ha già ceduto alla mortale tentazione della sirena.
La mitologia affascina molto i simbolisti, in particolare il mito di Orfeo a cui è dedicata un’intera sezione.
GiorgioKienerkIlDolore

Sezioni sono dedicate ai più illustri esponenti del movimento: a Odilon Redon è riservata una sala con otto delle sue litografie più bizzarre, il belga Felicien Rops è presente nella sezione iniziale dedicata a Baudelaire di cui illustrò Les Épaves e ha un sala dedicata a dieci suoi disegni, mentre una sezione è dedicata ai dieci disegni della serie Il Guanto di Max Klinger, a cui anche Francesco De Gregori ha dedicato una canzone.
Bocklin e Moreau sono uniti nell’analisi nel loro ritorno al mito: L’isola dei morti in mostra è una copia di Otto Vermehren ma da Le sirene di Moreau si capisce quando Matisse abbia preso dalla lezione del suo maestro.
Anche i Nabis vantano una sala dedicata a loro con opere del fondatore Serusier e del più celebre esponente Maurice Denis, anche se il mio quadro preferito resta Il mare giallo di Georges Lacombe.
La mostra si conclude con gli artisti italiani che meglio hanno saputo coniugare la lezione simbolista con lo stile liberty: Giorgio Kiernek si ispira chiaramente a Mucha nel trittico de L’enigma umano, mentre Galileo Chini sembra trovare ispirazione per il suo gusto decorativo nella lezione di Klimt, a cui attinge, ma con esiti molto diversi, anche Vittorio Zecchin: quattro pannelli del suo ciclo de Le Mille e una notte concludono la mostra.

Il Simbolismo
dal 3 febbraio al 5 giugno 2016
Palazzo Reale – Milano